L’Accademia Stefano Tempia per la cantata italiana

Nel mese di novembre il cartellone dell’Acacdemia Stefano Tempia propone cinque concerti che prenderanno in esame altrettante sfumature del repertorio cameristico, ponendo l’accento soprattutto sul periodo barocco, una scelta che si pone stilisticamente in linea con le splendide location che li ospiteranno: Palazzo Carignano e Palazzo Barolo, due delle gemme più preziose del panorama architettonico di Torino, ai quali si aggiunge il Tempio Valdese.

Tra di essi si segnalano soprattutto i concerti in programma il 7 e il 21 novembre, che vedranno grandi protagonisti il tenore Baltazar Zúñiga e il soprano Valeria La Grotta, cantanti che stanno rapidamente affermandosi nell’ambito della letteratura vocale italiana del Sei-Settecento e che avranno al loro fianco gli ensemble di strumenti originali Mvsica Perdvta e Sonar d’Affetto. Entrambi i concerti fanno parte del Festival diffuso della Cantata Italiana, un ambizioso progetto di respiro nazionale per la valorizzazione di un genere che conobbe un enorme successo tra la fine del XVII e la prima metà del XVIII secolo concepito dal vicepresidente della Tempia Giovanni Tasso, con il supporto scientifico della Società Italiana di Musicologia e del Centro Studi della Cantata Italiana presso l’Università di Roma Tor Vergata e la collaborazione dell’etichetta Elegia Classics, che pubblica regolarmente i dischi di questi programmi nella collana Glories of the Italian Cantata.

In entrambi i concerti, gli appassionati potranno scoprire opere di rarissimo ascolto, che spalancano orizzonti inediti in un repertorio vivace e talvolta addirittura graffiante, come si può notare dai toni accesi di alcune cantate in napoletano di Alessandro Scarlatti, resi con brillante realismo da Zúñiga. Di carattere assai più morbido sono invece le opere di Leonardo Vinci interpretate da Valeria La Grotta, che declinano il sentimento amoroso in un caleidoscopio di sfumature emozionali, spaziando dalla nostalgia, al dubbio e dalla gelosia al dolore dell’abbandono.

Da entrambi i concerti emerge quindi l’immagine di un Settecento sorprendentemente vicino alla sensibilità delle donne e degli uomini d’oggi, che merita di essere riscoperto in tutta la sua bellezza.

Eligio Rivelli

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