Ligeti compose il suo Concert Românesc nel 1951. Um omaggio a Kodaly e Bartók, da un lato, una ricerca delle proprie radici dall’altro, come lo stesso Ligeti dirà proprio descrivendo l’origine di questa sua partitura. Una partitura decisamente atipica nel contesto della produzione del compositore ungherese, ma che c’illumina sulle scelte e sulla curiosità di Antonio Pappano. Chi abbia avuto modo di seguire il suo itinerario artistico, peraltro molto del quale sviluppatosi proprio in terra italiana, avrà osservato come il direttore inglese prediliga costruire i suoi programmi da concerto intorno a suggestioni non sempre immediatamente identificabili, ma sicuramente radicate in una passione, sincera e costante, coerente e metodica, per l’indagine. Per Antonio Pappano sembra proprio che il repertorio non abbia fine. Lo si potrebbe immaginare come una sorta di Indiana Jones della musica, che non si accontenta mai del pur rilevante ruolo accademico che ha meritevolmente acquisito, ma continui a cercare, mosso da indomita e sana curiosità, non accontentandosi di quanto ha già scoperto e ottenuto. Ed è davvero molto. Tra premi (dall’Abbiati alla Medaglia della Royal Philharmonic Society), onorificenze (è Sir, e Tor Vergata gli ha riconosciuto la laura honoris causa in Musica e Spettacolo), e incarichi artistici (dal Covent Garden a Santa Cecilia), il suo curriculum è una lista vertiginosa, ricca di indicazioni importanti e che ci dicono tutto sulla qualità del suo impegno d’artista. Dunque, eccoci a leggere Brahms in chiave transilvana (è Ligeti a raccontare come abbia riscoperto le sue origine rumene, lui che nacque in un’area ungherese della Transilvania appunto), ricordandoci la passione dell’amburghese proprio per le danze di quella che ai suoi tempi era l’Ungheria asburgica. Per far questo un direttore ha bisogno di una compagine orchestrale flessibile, meglio ancora se non troppo ancorata ad una sua propria tradizione. Una compagine che, come la Chamber Orchestra of Europe, fin dalla sua nascita abbia dimostrato la medesima voglia di scoprire e approfondire. Fondata a Londra nel 1981 da un gruppo d’intraprendenti musicisti incontratisi tra le fila dell’Orchestra Giovanile della Comunità Europea, la COE – cresciuta collaborando con musicisti come Claudio Abbado (che la volle a Ferrara) e Nikolaus Harnoncourt, tra i tanti – da tempo ha trovato proprio in Antonio Pappano un nuovo partner, entrambi probabilmente animati dalla medesima passione per la scoperta, la riscoperta e l’approfondimento.
Lisa Batiashvili si aggiunge coerentemente ad un consorzio di artisti solidali, quali sono appunto Pappano e la COE.
La violinista georgiana (vincitrice del Sibelius nel 1995 a soli sedici anni) è, infatti, artista residente presso l’Orchestra di Santa Cecilia, dove ovviamente ha collaborato a molte produzioni proprio con il direttore inglese. Insomma, un programma suggestivo e impegnativo, affidato ad interpreti tutti accomunati dal medesimo modo d’intendere la propria arte, per Lingotto Musica venerdì 18 maggio.
Fabrizio Festa