“Da cuore a cuore”. La Missa solemnis di Beethoven inaugura la 25a stagione di Lingotto Musica

Torino è stata l’epicentro di un terremoto sociale e culturale che ha investito l’Italia nell’ultimo scorcio del Novecento. Come molte città industriali europee e americane, Torino ha dovuto resistere alle terribili scosse della cosiddetta globalizzazione, che nel giro di pochi anni ha svuotato le fabbriche e trasformato in maniera repentina il volto e l’anima della città. Lo splendido Auditorium del Lingotto, progettato da Renzo Piano con la collaborazione del mago dell’acustica Helmut Müller, è il simbolo dell’intelligenza e del coraggio con cui la città operaia per antonomasia ha affrontato un passaggio impegnativo e doloroso della sua storia, passando dalla sinfonia dei motori a scoppio della Fiat alla polifonia armoniosa di stili e di interpreti dei Concerti del Lingotto, che toccano con questa stagione il traguardo dei 25 anni di vita.

Una storia bella e appassionante, aperta ufficialmente il 6 maggio 1994 con un memorabile concerto dei Berliner Philharmoniker diretto da Claudio Abbado, che già quattro anni prima nella sala presse dello stabilimento, allora alla testa dei Wiener Philharmoniker, aveva tenuto un concerto da cui nacque l’idea di edificare un Auditorium nell’ambito del progetto di riqualificazione del comprensorio del Lingotto in corso in quegli anni. A inaugurare la nuova sala risuonarono le eteree armonie della Nona Sinfonia di Mahler, esito metafisico di un lungo processo di riflessione e scavo interiore del tormentato musicista viennese. Oggi, in una stagione pensata per chiudere un emozionante cerchio di esperienze, l’inaugurazione (giovedì 11 ottobre 2018 – Auditorium Giovanni Agnelli del Lingotto – ore 20.30) è affidata al primo testamento spirituale della musica moderna, la Missa solemnis di Beethoven, un capolavoro che studiosi di formazione diversa e di stile pressoché incompatibile come Charles Rosen, Walter Riezler, Theodor Adorno consideravano concordemente unico e irripetibile.

I segreti di questo enigmatico tentativo di raccogliere le sfide del sacro, che l’autore per primo riteneva il suo lavoro più riuscito, saranno sviscerati nella conferenza introduttiva, da Giorgio Pestelli, il maggior studioso italiano dello stile classico. Proporre un grande capolavoro di musica sacra come la Messa in re maggiore in una sala da concerto, comunque, non è per niente improprio. Beethoven stesso la definiva un grande oratorio e propugnava l’esecuzione in forma di concerto, sebbene il testo dell’ordinarium sia seguito alla lettera senza alcuna licenza. Questo non significa, tuttavia, che le varie sezioni della Messa siano solo un pretesto per dipingere stati d’animo o generiche riflessioni sull’esistenza. Beethoven afferra il toro per le corna e si confronta, con tutto l’impeto della sua travolgente umanità, con gli aspetti essenziali della dottrina cattolica, cercando le sue risposte alle infinite domande poste dal mistero della fede.

Per rendere l’infinita varietà di questo confronto tra Beethoven e Dio, è necessario un interprete che senta fino in fondo, nelle sue fibre, il travaglio vissuto a monte della partitura, e la figura di Frieder Bernius calza a pennello con l’identikit del campione adatto all’impresa. Figlio di un pastore protestante, Bernius è cresciuto nella pienezza espressiva della musica sacra, che nel mondo della Riforma occupa tuttora un ruolo insostituibile nel colmare il cuore dei fedeli. Il repertorio vocale di musica sacra è sempre stato al centro della sua attività, iniziata a soli 20 anni fondando il Kammerchor Stuttgart, con il quale ancora oggi Bernius si esibisce in tutto il mondo. Nel corso del tempo, naturalmente, il raggio dei suoi interessi musicali si è allargato, fino a comprendere i grandi autori dell’Ottocento come Schubert, Mendelssohn, Bruckner, Brahms, sempre mantenendo desta l’attenzione sulle forme e sulle caratteristiche autentiche di ciascun autore. Proprio per affrontare in maniera conforme alle sue idee e ai suoi studi le grandi partiture corali e orchestrali del repertorio, Bernius ha fondato nel 2006 la Hofkapelle Stuttgart, riprendendo il nome storico di una delle più antiche e gloriose cappelle musicali tedesche. Con queste premesse, è facile immaginare che l’auspicio di Beethoven, vergato di proprio pugno sulla copia manoscritta donata all’arciduca Rodolfo, si avveri anche al Lingotto: “Dal cuore – possa ritornare di nuovo al cuore”.

Oreste Bossini