Gustavo Dudamel per la prima volta a Torino sul podio dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia

Gustavo Dudamel, al suo debutto per Lingotto Musica (Auditorium Giovanni Agnelli, 10 dicembre, ore 20.30), non è solo un direttore d’orchestra eccellente, ma anche un coinvolgente spot a favore della musica. Nato a Caracas trentanove anni fa, oggi rappresenta il prodotto più importante, per impatto mediatico e statura internazionale, di quel meraviglioso movimento fondato da José Antonio Abreu e passato alla storia, non solo quella della musica, come “El sistema”. Dudamel, insomma, è uno di quei quattrocentomila ragazzini sottratti al dolore dei barrios venezuelani e restituiti alla vita attraverso Bach, Mozart, Beethoven. Il più famoso di tutti, il più fortunato, forse anche il più bravo. Di sicuro, il primo che l’Europa abbia accolto sul podio delle orchestre che contano dandogli credito, oltre che affetto.

Nel 2005, Dudamel debutta alla testa dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, a Roma; l’anno dopo dirige Don Giovanni alla Scala, e nel 2007 i Wiener Philharmoniker, a Lucerna, su invito di Claudio Abbado al quale va attribuito il merito, tra i tanti, di aver creduto da subito nel giovane venezuelano. C’è uno splendido documentario del 2006 – Tocar y luchar – che descrive i miracoli del “Sistema” meglio di qualsiasi scritto: Dudamel vi compare come testimonial felice e vincente, al fianco di Abbado, Abreu, Rattle.

Carriera folgorante, quella di Dudamel: nel 2004, a ventitre anni, vince il Concorso Mahler per direttori d’orchestra. Nel 2009 si ritrova direttore stabile della Los Angeles Philharmonic Orchestra, dopo Mehta, Giulini, Previn e Salonen. Nel 2017 diventa il più giovane direttore nella storia del Concerto di Capodanno dei Wiener Philharmoniker. Eppure, nonostante ormai passi dai Berliner alla Chicago Symphony, Dudamel ha nella sua “Simon Bolivar” di Caracas l’orchestra del cuore, perché è lì che ha cominciato a suonare il violino prima di spiccare il volo sul mondo. Ancora oggi ne è orgogliosamente direttore musicale, pur avendo preso spesso posizione (anche clamorose, come durante la cerimonia di consegna degli Oscar 2019) contro il governo di Maduro.

Nel suo approccio, la musica resta un gioco, da praticare sul serio ma senza prevenzioni: dirige Beethoven e Star Wars con uguale rigore; ha lavorato con Barenboim, Herbie Hancock e i Coldplay, saltando di genere in genere. Quella con l’Orchestra di Santa Cecilia è una collaborazione iniziata nel 2005, proseguita nel 2013, ribadita sei mesi fa da un tutto-Beethoven.

Per la prima volta a Lingotto Musica, Dudamel sceglie tre lavori molto diversi tra loro. La maestosa ouverture da Semiramide di Rossini è pagina che il direttore venezuelano va esplorando da anni con la complicità dell’orchestra di Los Angeles, alla ricerca di atmosfere sinfoniche fastose. Interessante la ripresa della Seconda di Schubert, rivalutata da Dudamel negli ultimi tempi al pari di altre sinfonie giovanili schubertiane: nel 2017, a Los Angeles, il direttore dedicò questo pezzo scritto da un ragazzo di due secoli fa ai ragazzi venezuelani in lotta per i propri diritti. Infine, la Sinfonia n. 1 riporta Dudamel a Brahms, autore già inciso al fianco di partner gloriosi (Barenboim e la Staatskapelle di Dresda per i concerti; la Los Angeles per la Quarta) e che rappresenta un riferimento sinfonico consequenziale per chi, come il direttore venezuelano, viva nel culto di Beethoven.

Stefano Valanzuolo