Lingotto Musica e Berliner Philharmoniker: un’amicizia lunga 25 anni

Il 6 maggio 1994, a Torino, la temperatura media era di 13.6 °C, il punto di rugiada a 7.8 °C, la velocità del vento di 3 km/h e la pressione media sul livello del mare di 1017 mb. In altre parole, era una fresca serata di maggio, risparmiata dalla pioggia caduta fino al giorno prima. Quella sera, si celebrava qualcosa di più che l’inaugurazione di un nuovo spazio per la musica, all’interno della colossale riconversione del Lingotto affidata all’architetto Renzo Piano. Torino festeggiava, con timore e speranza, il passaggio dalla condizione di città industriale e novecentesca a quella, ancora tutta da inventare, di capitale delle arti, della cultura, dell’innovazione. La sfida era importante, e il nuovo auditorium, un’enorme cassa acustica a geometria variabile interamente rivestita di legno di ciliegio, rappresentava l’emblema, e il primo tangibile segno, di quell’auspicata trasformazione.
Quella sera, ad ascoltare Claudio Abbado e i “suoi” Berliner Philharmoniker c’era il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro e tutta la classe dirigente torinese, a cominciare dall’Avvocato Agnelli, che aveva ispirato e governato quella complicata metamorfosi.
Abbado, come sempre, non faceva sconti alla mondanità dell’evento, e in programma aveva messo non un lavoro di facile ascolto, bensì un toccante viaggio di morte e di rinascita come la Nona Sinfonia di Mahler. Aveva ragione lui, ovviamente, perché quello era il tema su cui riflettere in quel momento e in quel luogo, e il pubblico alla fine se ne rese conto, tributando agli artisti un’immensa ovazione.
Erano quarant’anni che i Berliner non suonavano a Torino, dal 1954, con Furtwängler. Nei successivi venticinque, invece, il Lingotto è stata un po’ la casa italiana dell’orchestra tedesca, non solo durante la gestione di Abbado ma anche nell’era di Simon Rattle. Certi rapporti infatti non nascono per caso. Il fatto che nel 1994 la “consacrazione della casa”, come avrebbe detto Beethoven, sia stata affidata ai Berliner Philharmoniker non dipese soltanto dal prestigio internazionale dell’orchestra, ma anche dal modo in cui è nato l’auditorium, frutto della stretta collaborazione tra Piano e Abbado, tra architetto e musicista. Per progettare la sala, infatti, i due artisti hanno lavorato gomito a gomito, come un violinista con il liutaio di fiducia. Metafora nemmeno tanto lontana dalla realtà, se si ripesca la recente intervista di Susanna Franchi ad Antonello Manacorda, che ricordava di essere stato convocato al Lingotto per suonare Bach con il violino nell’auditorium in costruzione, alla presenza di Abbado e Piano, per mettere a punto l’acustica in via di definizione.
Questo metodo di collaborazione tra architetto e musicista risaliva alla comune esperienza dell’arca lignea per il Prometeo di Luigi Nono, alla Biennale di Venezia del 1984, ideata e costruita in un costante e fecondo dialogo tra compositore, progettista e direttore d’orchestra.
Ascoltare il futuro era il principio costante dell’arte di Abbado, e quella sera di maggio la sua utopia è passata alla nuova rassegna “I concerti del Lingotto”, che per venticinque anni ha alimentato la città di grande musica e artisti fuoriclasse.

Il prossimo concerto dei Berliner, il 2 maggio, con Daniel Harding per la prima volta a Torino alla guida di quest’orchestra, rappresenta non solo una celebrazione, ma anche un nuovo inizio: il segno che la generazione dei figli è pronta a continuare il lavoro dei padri.

 

Oreste Bossini