Chissà come arriverà a Torino, il prossimo 2 maggio, Daniel Harding. Magari atterrando a Caselle con il suo aereoplano. Suo non nel senso di proprietà, bensì pilotato da lui. Sì, perché la “passion predominante” di questo Ariel quarantenne, “tricksy spirit”, spirito aguzzo, come lo definiva Prospero, è il volo, al quale dedica ogni momento libero della sua fittissima agenda.
Aria e musica erano evidentemente il suo destino, dal momento che da ragazzino Harding soffiava la tromba nell’Orchestra giovanile inglese. A diciassette anni lo scalpitante giovanotto è notato prima da Simon Rattle, che lo prende come assistente a Birmingham, e poi da Claudio Abbado, che lo porta a Berlino. I successivi dieci anni sono un volo prodigioso, di cui lui stesso forse non si rende conto fino in fondo, con la gloriosa incoscienza dei vent’anni. Harding diventa il più giovane direttore della secolare storia dei Proms, dirige i Berliner a soli ventun anni, porta in scena il Don Giovanni di Mozart con Peter Brook a Aix-en-Provence, è il primo musicista Briton a dirigere un 7 dicembre alla Scala: sono le tappe principali di una carriera dove tutto sembra accadere in modo rapido e facile.
Poi, la cognizione che non basta il talento per diventare un vero direttore d’orchestra prende il posto della spumeggiante e spensierata felicità degli inizi. Abbado intuisce l’esigenza di questa metamorfosi per il suo “piccolo genio”, a cui affida nel 2003 la direzione musicale della Mahler Chamber Orchestra. Harding impara così che non si tratta più soltanto di fare musica e di segnare un goal (è un tifoso sfegatato del Manchester United), bensì che un direttore deve gestire i rapporti e le tensioni interne tra i musicisti, accrescere il repertorio, inventare progetti: in altre parole assumersi la responsabilità della vita dell’orchestra.
Harding trova una prima sponda a Torino, grazie a Lingotto Musica, dove aveva già diretto la Mahler nel 1999. Ora si tratta di pensare a un progetto che accompagni la città verso il traguardo delle Olimpiadi, e nasce così “Sintonie”, che dal 2003 al 2006 ospita in residenza Harding e la Mahler Chamber Orchestra in una serie di cicli annuali di eccitante spessore culturale. Il progetto è imperniato sull’integrale delle Sinfonie di Beethoven, attorno alle quali ruotano sia i grandi lavori vocali dei maestri del passato, come Bach e Haydn, sia la musica del Novecento, a cominciare da quella di Mahler, stella polare costante del cammino di Harding. Da lì nasce un rapporto che non termina con le Olimpiadi, ma prosegue praticamente senza interruzione fino ad oggi.
Harding infatti è sempre tornato a Torino con le sue orchestre, la London Symphony Orchestra, di cui è stato Principal Guest Conductor, e la Swedish Radio Symphony Orchestra, di cui è direttore musicale. Festeggiare il primo quarto di secolo di Lingotto Musica con un concerto dei Berliner diretti da Harding è la sintesi perfetta di una storia di crescita, di sviluppo e di trasformazione. Forse, questa volta, Harding arriverà in carrozza.
Oreste Bossini