I violoncelli dei Berliner Philharmoniker: la mitica dozzina festeggia 50 anni al Lingotto

Non sono dodici violoncelli qualunque quelli che lunedì 21 marzo, alle 20.30, saliranno sul palco dell’Auditorium “Giovanni Agnelli” per la stagione di Lingotto Musica.

I Cellisten der Berliner Philharmoniker portano infatti nel nome il seno glorioso della loro formazione. Dall’atto di nascita nel 1972 – in occasione della produzione radiofonica dell’Hymnus op. 57 di Julius Klengel –, il singolare complesso cameristico ha brillato di luce propria conquistando una notorietà mondiale pari a quella della blasonata orchestra tedesca. Cinquant’anni di vita e di successi che non hanno intaccato l’impeccabile professionismo di questo gruppo “da gamba” fortemente desiderato da Pablo Casals e fisiologicamente rinnovato nel corso degli anni.

Fra i tanti aneddoti che ne hanno costellato la storia qualcuno ha del miracoloso, come quello che nel dicembre del 1986 li vide protagonisti di un rocambolesco volo da Berlino a Francoforte che, dirottato a causa del maltempo, li portò a destinazione solo a concerto iniziato.

Riconosciuti dalle più alte autorità federali tedesche, che spesso li hanno voluti con sé nelle visite di Stato in qualità di ambasciatori della città di Berlino, le loro performance hanno riscosso gli elogi dei direttori stabili della formazione principale: «Sono dodici autentici virtuosi del loro strumento» assicurava Herbert von Karajan; «Li ho sempre ammirati per il loro ensemble unico» commentò Claudio Abbado; «Ciò che fanno è semplicemente fantastico» riconobbe sir Simon Rattle.

Vincitori di tre Echo Klassik (2001, 2005, 2017) per la loro discografia, i dodici Cellisten hanno saccheggiato nei decenni i repertori più disparati. Una mescolanza di generi unica, dalla classica al jazz, dal tango all’avanguardia, che lascia senza fiato per la carica spontanea con cui questi strumentisti si offrono, facendo sembrare facile anche il passaggio più arduo. Si dirà che è nella natura del violoncello accogliere una ricca varietà di timbri, da quello profondo e corposo nel registro grave a quello intenso e penetrante negli acuti. Ma la versatilità dell’ensemble dipende molto anche dalle pagine che nel tempo numerosi autori hanno scritto appositamente per loro – l’elenco, lunghissimo, comprende nomi quali Boris Blacher, Arvo Pärt, Sofija Gubajdulina, Wolfgang Rihm, Peter Eötvös, Kaija Saariaho e Tan Dun – o trascritto su misura per il loro organico.

Proprio alla curiosità che li ha contraddistinti fin dagli esordi si ispira il programma che celebrerà il loro 50° compleanno al Lingotto, dopo i concerti nel 2007 (organizzato da Lingotto Musica per il Venaria Real Festival), nel 2015 e nel 2019. Un carosello di ricordi lungo mezzo secolo che abbraccia geografie, epoche e stili lontani: dai brani originali Hymnus (1920) di Klengel, Aubade (1974) di Françaix e Twelve Angry Men (1996) di Dean – quest’ultimo ispirato allo scontro dialettico fra i dodici giurati dell’omonimo film di Lumet – agli chansonniers francesi Bourtayre (Fleur de Paris) e Giraud (Sous le ciel de Paris); dagli standard jazz di Gershwin (Clap Yo’ Hands) e Tizol/Ellington (Caravan) alle sonorità seducenti del nuevo tango di Salgán (A don Agustin Bardi) e Piazzolla (Escualo, Fuga y misterio), fino alle celebri colonne sonore di Rota (La strada) e Williams (Catch Me If You Can).

Valentina Crosetto