Bach Project

Sarabanda è un termine che oggi evoca perlopiù un brano strumentale lento di epoca barocca e una danza nobile, austera e solenne in voga nella Francia seicentesca, ma in origine esisteva una forma popolare, di provenienza incerta (dal Nuovo Mondo, ma forse arrivata lì già dalla Spagna e in Spagna forse con gli arabi), più vivace ed evidentemente con qualcosa di piccante se durante il regno di Filippo II fu tassativamente vietata. Chissà se quel qualcosa è rimasto nelle pieghe della forma musicale attraverso le evoluzioni successive ed è arrivato direttamente a uno dei più interessanti coreografi del nostro tempo, il ceco Jiří Kylián, che sulla Sarabanda della Partita per violino in re minore di Bach ha costruito, quasi trent’anni fa, uno spettacolo che è eros e purezza, potenza e grazia, vigore ed eleganza: sei uomini stesi sotto le volte di crinoline senza corpi si risvegliano per un’esibizione di ebbra mascolinità a energia crescente, immersa in sonorità elettroniche, che infine, sulle note di Bach, si ricompone in elegante e struggente bellezza.
Sarabande di Kylián è divenuto un classico che ora i danzatori di Aterballetto portano a MITO (il 15 settembre, Teatro Carignano ore 21) in una serata a dittico intitolata Bach Project e aperta da una novità assoluta intitolata Domus Aurea, con la coreografia di Diego Tortelli, giovane bresciano in piena ascesa professionale, musica creata da Giorgio Colombo Taccani a partire dalle Suites francesi di Bach, suonata dal vivo dall’ensemble Sentieri Selvaggi, e la collaborazione dell’artista visuale Massimo Uberti.
Il richiamo alla vasta e sfarzosa villa progettata da Nerone, probabilmente rimasta incompiuta e poi in larga parte andata distrutta, i cui resti sono stata preziosa fonte d’ispirazione per il Rinascimento italiano, è essenzialmente astratto: il ciclo costruzione-cedimento-distruzione-rinascita, incarnato e ricreato in un luogo di ombre e luci, nascondimenti e apparizioni, immagini ed echi. «Questo decostruire e ricostruire al centro della concezione coreografica di Tortelli è anche al cuore anche del mio lavoro musicale» racconta Giorgio Colombo Taccani. «Nicola Campogrande mi ha chiesto di partire dalle Suite francesi dalle quali trarre materiali e procedimenti con massima libertà, ma in modo che Bach rimanesse sempre riconoscibile. Non dunque una rivisitazione avventurosa né una pura e semplice trascrizione, ma il frutto di un lavoro fatto anche a stretto contatto col coreografo: ciascuno dei sei brani selezionati è trattato in modo diverso, ma sempre con un procedimento riassumibile nei termini di costruzione e decostruzione; per esempio, nella Sarabanda su cui sto lavorando in questi giorni, una  riduzione ai minimi termini, all’impalcatura, allo scheletro, per così dire, del brano per poi ricostruirla andando al centro;  in un altro caso, rimane dall’inizio alla fine solo l’ossatura, con parti di intervento bassissime, quasi echi. Insomma, cercando modalità volta a volta diverse per ciascuno dei brani di partenza che costituiscono sei isole sonore, in cui, per riassumere un po’ brutalmente, non c’è una nota che non sia Bach, ma spessissimo non ci sono tutte.»
L’esecuzione è affidata a cinque musicisti di Sentieri Selvaggi che saranno sulla scena assieme ai danzatori e che interverranno anche all’interno di una sorta di tessuto connettivo, in questo caso non bachiano, che legherà queste diverse isole musicali. «Tortelli e io abbiamo ritenuto importante collegare fra loro i diversi brani con un una sorta di ambiente sonoro, realizzato informaticamente; non ci sarà, volutamente, nessuna suggestione naturalistica né elementi musicali troppo riconoscibili, piuttosto una sorta di scenografia sonora astratta, cangiante, variabile, sulla quale talvolta qualcuno dei musicisti interverrà in modo quasi improvvisativo giocando con materiali del brano da cui si arriva o verso il quale si procede. Nella selezione abbiamo scartato le danze più movimentate a favore di brani più lenti, di un clima complessivamente austero e rarefatto, in cui l’ambiente sonoro sarà sempre presente, sia pur in modo a volte più, a volte meno evidente, e solo alla fine di dissolverà per lasciare nuda e pulita la sarabanda finale.»

Gaia Varon