Lo straripante talento di Martha Argerich al servizio di giovani musicisti brasiliani

Da qualche tempo si tenta di promuovere la musica cosiddetta classica affermando che “non è musica per vecchi”. Questa implicita e perniciosa contrapposizione tra le generazioni serpeggia ormai in molti ambiti della nostra vita sociale, ma suona particolarmente stonata e fuorviante in grembo all’unica arte che da sempre permette, o meglio sprona le persone a mescolarsi insieme indipendentemente dall’età e da ogni barriera sociale e culturale. Questo vale per il pubblico, naturalmente, perché la musica non esclude mai nessuno, vecchio o giovane che sia, ma ancora di più per i musicisti. Solo la musica, infatti, consente a persone di generazioni lontane e provenienti da storie totalmente diverse di lavorare insieme sentendosi perfettamente a proprio agio e ottenendo eccellenti risultati. Non esiste, infatti, un altro ambiente all’infuori dell’orchestra in cui vecchi e giovani si mescolano in maniera altrettanto naturale, dove l’esperienza e l’energia si fondono con altrettanto profitto, nel quale l’età anagrafica e il curriculum vitae hanno un peso così poco rilevante. Nel mondo d’oggi, la realtà economica e demografica sembra relegare l’armonioso equilibrio tra le generazioni nella valigia dei sogni. La musica, viceversa, vive quotidianamente questo scambio come un fatto normale e scontato.

In effetti, la notizia del concerto di un mostro sacro come Martha Argerich con i ragazzi dell’Orchestra Giovanile dello Stato di Bahia (mercoledì 5 settembre, Teatro Regio, ore 21) desta più sorpresa sulla carta che nella concreta realtà musicale. Non c’è nulla di strano, infatti, che una grande protagonista degli ultimi cinquant’anni di vita musicale internazionale accetti di suonare assieme a un’orchestra formata da ragazzi che potrebbero essere tranquillamente suoi nipoti. In fondo non c’è nulla di diverso da quel che faceva la stessa Martha Argerich da giovane, quando a parti rovesciate portava il suo straripante talento e la sua esplosiva energia felina in seno a blasonate orchestre di maturi professionisti, dimostrando anche in quel caso che la musica obbedisce a leggi diverse da quelle del mondo sociale.

La differenza, invece, l’hanno fatta uomini visionari come il compianto Antonio Abreu, che sulla scia della grande ondata rivoluzionaria del ’68 ha messo i giovani al centro di uno sbalorditivo progetto musicale nel suo Venezuala, uno dei Paesi più disastrati dell’America Latina.  L’idea del Sistema venezuelano delle orchestre giovanili si è propagata lentamente alle nazioni vicine, dove sono spuntate altre formazioni simili come quella dello Stato di Bahia in Brasile, fondata nel 2007 dal pianista e direttore Ricardo Castro. In questo caso il fulcro dell’attività è espressamente pedagogico, anche se il risultato artistico non rimane certo in secondo piano. Un Concerto insidioso e difficile da afferrare come quello per pianoforte di Schumann, infatti, non sarebbe la scelta più adatta a un’orchestra giovanile, se dietro non ci fosse l’ambizione di misurarsi alla pari con un’artista così entusiasmante e istintiva come Martha Argerich. I ragazzi brasiliani avranno tutto il tempo, nella seconda parte, di sfogare il loro spirito dionisiaco nella suite di musiche americane preparata per il concerto, esibendo con una punta di orgoglio il trionfo del ritmo e del colore tipico della propria tradizione musicale.

Oreste Bossini