Una delle più conosciute composizioni sacre di tutti i tempi, l’Oratorio di Natale di Bach (martedì 18 dicembre, Tempio Valdese ore 21), sarà il momento culminante della rassegna “Intrecci barocchi”.
Guido Maria Guida, direttore artistico dell’Accademia Corale Stefano Tempia, ci parla di sinergie musicali e istituzionali, del pubblico “del futuro” e della magia di Bach.
Maestro, “Intrecci barocchi” è una rassegna realizzata in collaborazione tra differenti istituzioni del territorio. Secondo lei, perché è importante favorire queste collaborazioni?
«“Intrecci barocchi” è più di una rassegna: di fatto rappresenta la collaborazione tra quattro importanti istituzioni musicali piemontesi, ossia l’Academia Montis Regalis, l’Accademia Magnini, I Musici di Santa Pelagia e l’Accademia Stefano Tempia. Ciò significa, in termini concreti, una condivisione delle scelte artistiche, un’elaborazione di progetti musicali di ampia portata che coinvolgano i soggetti partecipanti, facendo sì che le rispettive stagioni concertistiche abbiano coerenza e continuità reciproche.
Il fatto di eseguire in collaborazione il Weihnachtsoratorium di Bach, significa propio questo: la condivisione di una scelta di tipo artistico e, cosa altrettanto importante, un’equa ripartizione dei costi di produzione. In un difficile e triste momento storico come l’attuale, dove alle incertezze e ambiguità sul sostegno alla cultura si sommano le ristrettezze delle risorse economiche la strada delle collaborazioni e coproduzioni è una di quelle da percorrere. In ogni caso, al di là della produzione dell’Oratorio di Bach, “Intrecci barocchi” si presenta come un festival dedicato al repertorio in oggetto, ben articolato all’interno delle stagioni dei quattro partner, nel cui ambito si alternano concerti cameristici, orchestrali e corali. La proposta è ampia e raffinata, infatti vengono presentati titoli e autori di grande interesse musicologico. Sottolineo che l’idea degli “Intrecci”, termine felice coniato dal maestro Claudio Chiavazza, direttore del Coro Maghini, è nata quasi come naturale conseguenza del Festival “Back to Bach” dell’Accademia Maghini, allorché i quattro soggetti hanno deciso di unirsi in un progetto comune».
Com’è nata e come si sviluppa la collaborazione tra il Coro dell’Accademia Stefano Tempia e l’Orchestra Barocca dei Musici di Santa Pelagia?
«La collaborazione tra le due istituzioni è iniziata alcuni anni or sono in occasione della programmazione di alcuni concerti: posso citare, tra le altre, le esecuzioni del King Arthur di Purcell o della Juditha triumphans di Vivaldi. Per questo tipo di repertorio l’Accademia Stefano Tempia si è affidata abitualmente alla collaborazione de I Musici di Santa Pelagia, in quanto orchestra specializzata e abile nel suonare secondo tecnica e stile barocchi, con diapason a 415 Hz. I Musici di Santa Pelagia rappresentano una realtà artistica importante nel panorama cittadino e piemontese. A ciò si aggiunge uno splendido rapporto umano e artistico con il direttore dell’Ensemble, il Maurizio Fornero. Aggiungo che un’eguale rapporto di reciproca stima ci lega agli altri partners, ossia Accademia Maghini e Academia Montis Regalis, istituzioni di grande prestigio che frequentemente ho invitato nelle stagioni passate dell’Accademia Stefano Tempia».
Con la sua attività di docente al Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino lei si dedica con passione alla formazione dei “musicisti del futuro” mentre nella sua direzione artistica dell’Academia Stefano Tempia pone particolare attenzione alla formazione del “pubblico del futuro”, con iniziative come La Stefano Tempia per scuole e il Laboratorio Bimbi. Ritiene che le due attività siano aspetti complementari?
«Sicuramente sono aspetti complementari che si integrano a vicenda. La strada da percorrere è proprio quella della formazione di un pubblico giovane che diventi pubblico del futuro. Se poi ciò significhi l’avvicinamento di giovani allo studio della musica in maniera professionale… ancora meglio! L’offerta formativa dei conservatori e, nella fattispecie quella del Conservatorio di Torino, è molto ampia e di qualità elevata. Tuttavia non basta, dobbiamo creare nuovo pubblico! Assisto con rammarico, da un lato, e con ammirazione dall’altro al fatto che buona parte del pubblico sia di età adulta e avanzata: ebbene dobbiamo creare un pubblico che abbracci tutte le fasce d’età. Dirigo frequentemente nelle più importanti città del Messico: in quel paese vedo una maggiore presenza di giovani ai concerti o alle recite d’opera. Forse perché è un paese giovane, una terra del nuovo mondo ancora ricca d’entusiasmo, quantunque piena di problemi sociali ed economici».
Il Weihnachtsoratorium (Oratorium tempore nativitatis Christi BWV 248) corrisponde forse alla più imponente architettura musicale di tutta la produzione di Bach. Quali sono i tratti salienti dell’opera?
«Il tratto saliente del Weihnachtsoratorium consiste nel fatto che rappresenta non un oratorio intimamente unitario nella sua forma costruttiva, bensì un ciclo di sei Cantate scritte per il periodo natalizio. Ognuna di esse racconta un episodio legato alla natività di Gesù dal periodo precedente la nascita. In realtà, nonostante l’apparente frammentarietà, esiste un’impressionante coerenza stilistica intrinseca tra le sei parti, sia nel trattamento armonico-polifonico, sia nell’orchestrazione e nello stile vocale. Cosa peraltro connaturata allo stile bachiano delle grandi Cantate e delle Passioni, abbiamo pagine corali di densa polifonia, corali omofonici scritti secondo tradizione, arie di rara bellezza, ariosi, recitativi secchi (cantati dall’Evangelista) e accompagnati; oltre a questi aspetti strutturali un colore orchestrale vivo e smagliante, soprattutto per l’utilizzo di tre trombe e timpani nelle pagine più festose e celebrative.
Bellissima l’aria della IV cantata con soprano e soprano d’eco: in pratica si basa sulla proposizione di una frase cantata dal soprano principale cui risponde un’eco. Sottolineo che la sua suddivisione interna ci ha permesso di realizzare l’Oratorio nella maniera in cui lo presentiamo al pubblico torinese: le prime tre cantate infatti verranno eseguite dal Coro dell’Accademia Maghini con l’orchestra della Montis Regalis, mentre le ultime tre dal Coro dell’Accademia Tempia con l’orchestra de I Musici di Santa Pelagia. Tale prassi di esecuzione divisa in due parti è tra l’altro effettuata frequentemente anche in Germania. Per noi l’elemento unificante è rappresentato dalla direzione di Ruben Jais, grande specialista di questo repertorio, il quale dirigerà entrambi i concerti, nonché dalla presenza degli stessi solisti per le due produzioni».
Quali sfide pone agli interpreti e agli ascoltatori di oggi un’opera così complessa?
«È un’opera di dimensione gigantesca che coinvolge cinque solisti e una grande compagine corale-orchestrale. Richiede qualità vocali e strumentali di prim’ordine, data la complessità della scrittura, della tecnica polifonica, dello stile; a questo si aggiunge la necessità di dare un’unità strutturale di fondo a un oratorio che nasce suddiviso in sei Cantate, seppure all’interno di un progetto coerente. Per tale motivo è necessario un direttore che, oltre a una grande esperienza nell’ambito del repertorio barocco, possieda una capacità di visione logica e unitaria nell’affrontare un testo tanto complesso.
Noi l’abbiamo individuato nella figura di Ruben Jais, che ha diretto molte volte e con successo questa pagina sia a Milano sia all’estero. Per gli spettatori che presenzieranno ai due concerti si presenterà un’esperienza unica. Certo non è facile confrontarsi con un’opera d’arte gigantesca, servono sensibilità e una certa conoscenza, tuttavia la bellezza indiscutibile del Weihnachtsoratorium può affascinare subito anche chi non lo conosce. Credo che possa essere un’esperienza artistica e mistica impagabile: avvicinarsi al Natale attraverso l’emozione che può dare questo brano. Nei paesi di lingua tedesca è un appuntamento irrinunciabile».
Marida Bruson