Due Bach e due giganti del classicismo per una collezione di sinfonie tormentate e introspettive. C’è tutto questo nel concerto che gli Archi dell’Associazione De Sono (Archi nel nome, per tradizione, ma in realtà una completa orchestra da camera) offriranno al pubblico martedì 27 marzo nel Salone del Conservatorio di Torino. La serata ha un titolo emblematico: Sinfonie Sturm und Drang. L’espressione, letteralmente “tempesta e impeto”, evoca scene di una natura inquieta, nella quale il paesaggio esteriore diventa proiezione dell’animo artistico. Non è così immediato, almeno a prima a vista, accostare queste immagini a Carl Philip Emmanuel e Johann Christian Bach, entrambi figli del gigante Johann Sebastian, più spesso associati (il secondo soprattutto) a un’idea di piacevolezza e stile galante. Che dire poi di Haydn e Mozart, ineguagliabili campioni di equilibrio? Ma la peculiarità del concerto sta proprio in questo: cercare tra le pieghe del Settecento musicale per esaltarne gli aspetti meno prevedibili, scovare quei germi di romanticismo sapientemente nascosti in un sentire pienamente classico.
Il programma prevede, tra l’altro, l’esecuzione della Sinfonia in mi minore n. 44 (Funebre) di Haydn. Fu lo stesso compositore a chiedere che lo struggente movimento lento venisse eseguito durante le sue esequie, il che chiarisce il titolo. Impossibile non restare colpiti dal motto che apre l’intera composizione: un gesto perentorio, con l’orchestra all’unisono. Un effetto analogo (fatte salve le opportune distinzioni) si ritrova nell’incipit della Sinfonia in sol minore K. 183 di Mozart. Anche qui, come nel Minuetto, lontanissimo dalla danza galante che era in origine a occupare la scena sono frasi brevi e folgoranti.
A fare da contrappunto a queste opere saranno due gioielli appartenenti alla famiglia Bach: la Sinfonia in sol minore op. 6 n. 6 di Johann Christian (una tra le pagine più scure e più profetiche di questo compositore, quasi un’alchimia magica) e la Sinfonia in do maggiore Wq 182/3 di Carl Philipp Emanuel, anch’essa solcata da tensioni profonde.
L’orchestra da camera può rivelarsi lo strumento ideale per far emergere, come sotto un prisma, le asimmetrie e le irregolarità di una musica complessa, molto più di quanto si creda: un compito che gli Archi De Sono, guidati dal primo violino e maestro concertatore Alessandro Moccia affronteranno con la cura e il rigore che da sempre li contraddistingue.
L’ingresso è libero. Il concerto sarà preceduto, alle 19.30, da una presentazione a cura del musicologo Andrea Malvano che avrà luogo nella Saletta Alfredo Casella. Il tutto davanti a una tazzina da caffè offerta al pubblico da Lavazza.
Lorenzo Montanaro