Da oltre trent’anni l’Associazione per la Musica De Sono sostiene il perfezionamento e l’inserimento nel sistema produttivo nazionale e internazionale dei musicisti piemontesi. Una stagione ricca di concerti valorizza i giovani talenti vincitori della borsa di studio.
Abbiamo intervistato uno di loro, il violoncellista Giulio Sanna, protagonista, insieme alla violinista Martina Gallo e al pianista Matteo Catalano, del concerto dal titolo Energia e lirismo, che si terrà martedì 5 novembre 2019 (Conservatorio, ore 20.30).
Giulio Sanna, dal 2017 è borsista De Sono: quali studi ha potuto perfezionare grazie al sostegno dell’Associazione?
«Tantissimi! Mi sono stati molto d’aiuto ed è bello avere associazioni che ci tengono davvero a sostenere lo studio dei giovani. Ho studiato violoncello per due anni alla Musik Akademie di Basilea con il maestro Thomas Demenga e ho avuto la possibilità di toccare tutti gli aspetti della musica, dal barocco al contemporaneo, dall’improvvisazione libera all’improvvisazione scenica e all’elettronica. È stato un periodo della mia vita molto prolifico e stimolante. Ho avuto la possibilità di suonare in sale molto belle tra cui la Elbphilharmonie di Amburgo, e con grandissimi direttori d’orchestra come Giovanni Antonini e Heinz Holliger e con solisti come Isabelle Faust. Grazie alla Kammerorchester Basel sono entrato in contatto con le corde di budello, quelle utilizzate per il violoncello barocco. Ho iniziato ad appassionarmi alla musica antica: continuerò i miei studi a Basilea, ma allo stesso tempo inizierò a studiare a Friburgo la prassi esecutiva storica, il modo filologico di interpretare la musica dal Barocco fino al Romanticismo».
Cosa significa per lei fare musica da camera? Che tipo di rapporto si crea con i colleghi?
«Credo che la musica da camera sia l’emblema della parola comunicazione: vuol dire accettare le sfide e discutere insieme su come affrontarle. Significa soprattutto non divagare su aspetti personali, ma decidere che ci sono cose più importanti rispetto ai soli aspetti tecnici. Questo tipo di musica ti aiuta ad accettare le critiche, ad aprire le orecchie, ad ascoltare e a ragionare su quello che ti è stato detto. Con il tempo si impara ad andare dritti al punto: ascoltare, parlare ed accettare le critiche. A comunicare con le persone!»
Il programma del concerto comprenderà la Sonata per violoncello e pianoforte op. 99 di Brahms e il Trio n. 1 in re minore op. 49 di Mendelssohn: ha qualche consiglio per l’ascolto?
«Per quanto riguarda Brahms consiglio di non vederlo solo come un autore legato al Romanticismo, ma di guardare il suo stile in prospettiva dell’Impressionismo. Brahms nelle sue ultime opere utilizza infatti effetti sonori e non si limita alla scrittura metodica delle note: attraverso gli strumenti vuole esprimere colori ed effetti musicali. Mendelssohn è più legato allo stile classico e la sua scrittura ricorda Mozart. Nel secondo movimento del suo Trio op. 49 mi ricorda il secondo movimento del Trio in do maggiore K. 548 per la nostalgia del suono del pianoforte. Il primo movimento invece mi ricorda Schubert: un suono umano, appassionato, un tipo di scrittura abbastanza semplice, che arriva dritta al pubblico».
A proposito di pubblico: la stagione della De Sono prevede una serie di concerti gratuiti. Secondo lei questo tipo di iniziative può facilitare l’incontro con un pubblico più ampio rispetto a quello delle stagioni musicali a pagamento?
«Credo che ci sia un grosso problema di pubblico per la musica classica: ci sono sempre meno giovani, le persone ascoltano quello che vogliono semplicemente su internet e non spendono tempo ad andare ai concerti…»
Che cosa si potrebbe fare, secondo lei?
«Credo che tutto dovrebbe partire dall’educazione nelle scuole. Non è possibile che nelle scuole siano state tolte due materie importanti come l’educazione civica e l’educazione musicale: credo siano correlate. La musica aiuta a capire le emozioni delle persone, ad essere empatici e ad avere un senso di solidarietà e di comprensione».
In che modo pensa che i giovani musicisti possano contribuire all’educazione all’ascolto e all’audience development, in particolare per la fascia di pubblico più giovane?
«So che una serie televisiva sui giovani musicisti di qualche mese fa ha destato una certa attenzione, anche se purtroppo non era molto veritiera. A mio parere sarebbe utile proporre qualcosa che faccia capire davvero cosa significa essere musicista. Penso in particolare all’importanza delle prove: è interessante vedere come le persone si comportano durante le prove della musica da camera. Non si tratta di sedersi e suonare e basta: si va sempre molto nel profondo, si parla dell’autore e dell’aspetto psicologico. Bisognerebbe mostrare il modo in cui i musicisti cercano di trasmettere il sentimento dell’autore e come sanno venirsi incontro. La musica fatta bene insegna questo: ascoltare e mediare».
Marida Bruson