Carmina tedeschi. Quando Richard Strauss e Carl Orff guardavano al Medioevo.

Il Romanticismo ha sempre avuto un debole per il Medioevo. I grandi scrittori romantici come Walter Scott e Victor Hugo (ma anche i minori, come il nostro Massimo D’Azeglio con il suo Ettore Fieramosca) raccontavano il mondo cristiano faticosamente emerso dal crollo del sistema politico antico a un pubblico che sognava a occhi aperti storie di cavalier, d’armi e d’amori. I pittori dipingevano le rovine dei castelli gotici sullo sfondo di una natura ormai attraversata dalle locomotive a vapore, accanto a grandi scene di rievocazione storica su tele d’immense dimensioni, grandi come scenografie teatrali.

I musicisti, infine, erano i più accaniti sostenitori di questa generale e trasversale rivolta contro lo spirito dell’Illuminismo, che aveva bollato il Medioevo come un periodo di secoli bui, un’epoca dominata dalla superstizione religiosa e dall’ingiustizia più intollerabile.

Schubert, per esempio, sognava di raggiungere il successo in teatro con opere come Fierrabras, ambientata nella Spagna sconquassata dalle lotte tra principi mori e cavalieri cristiani. L’opera romantica tedesca, dal Freischütz di Weber in poi, inventa un Medioevo dai mille risvolti espressivi, che trovano la loro sintesi più alta nella poderosa fortezza artistica e spirituale della produzione di Wagner. Tannhäuser, Lohengrin, Die Meistersinger von Nürnberg e Parsifal formano un possente quadrilatero spirituale dell’identità tedesca, che per Wagner affondava le radici nella fedeltà alla patria e alla lingua materna che le sparse tribù e stirpi rimaste al di qua del Reno avevano saputo serbare al declino dell’Impero carolingio. La cultura tedesca è rimasta legata a questa visione, grazie alla formidabile forza espressiva dell’arte di Wagner, e sono ben pochi i musicisti tedeschi del tardo Ottocento e del Novecento che hanno saputo sottrarsi all’influenza del teatro di Bayreuth.

Certamente non Richard Strauss, il maggior autore teatrale della musica tedesca dopo Wagner, e nemmeno quell’eclettico e difficilmente classificabile musicista che è Carl Orff. Il loro Medioevo, ovviamente, assume tinte differenti da quello di Wagner.

Come avremo modo di ascoltare venerdì 6 settembre (Teatro Regio, ore 21), Till Eulenspiegel di Strauss è una maniera ironica e metaforica di rievocare la Germania di Dürer e dei Comuni, mentre i Carmina Burana di Orff rappresentano il tentativo di piegare la scabra rudezza della primitiva poesia in lingua latina del mondo medioevale tedesco a un linguaggio musicale moderno e antiromantico.

Del resto, non desta sorpresa che il Medioevo sia rimasto così a lungo un punto di riferimento per l’arte tedesca: quale altra lingua ha continuato a essere letta e stampata in caratteri gotici fino alla metà del Novecento?

Oreste Bossini