Futuri. La nuova edizione del Festival MITO SettembreMusica

La pandemia ci ha costretto a concentrarci sul presente. Perché per mesi il nostro futuro e stato ipotecato, interrotto. In molti casi addirittura cancellato in modo drammatico. Non ci e rimasto che vivere giorno per giorno, nell’incertezza, esitando ogni volta che ci toccava fare previsioni, fissare impegni, muoverci verso percorsi articolati. Ci hanno soccorso, tra gli altri, gli artisti. E tra loro, in particolare, i musicisti. Perché la musica accade nel presente, e in questo suo accadere lo vive, lo celebra, lo rafforza. Ma anche perché la musica attraversa il tempo e, soprattutto nel caso di quella classica, perdura. Supera gli anni e i secoli. Si mantiene meravigliosamente giovane.

Ormai lo sappiamo: la musica classica, per sua natura, riunisce l’eredità del passato e il respiro del presente; e li consegna al futuro. In questo movimento complesso, nel ripensare a ciò che era già stato, immaginando nello stesso tempo quello che un giorno avrebbe potuto essere, i compositori hanno sempre avuto a che fare con il futuro. Talvolta in modo involontario: scrivevano musica perfetta per il loro tempo, che poi sopravviveva e attraversava le epoche. Talvolta, invece, in modo consapevole: componevano per orecchie che ancora non esistevano, per ascoltatori con un gusto tutto da costruire. Ma sempre, in un modo o nell’altro, gli inventori di musica hanno conosciuto, affrontato, magari sfidato il tempo. E continuano a farlo – il mondo e ancora pieno di compositori straordinari.

L’edizione di MITO SettembreMusica di quest’anno, consacrata al tema futuri, vuole esplorare questo movimento, questa tensione. Il modo in cui la musica classica ha pensato o ripensato se stessa. Come Mahler imparava da Brahms, ad esempio, e come Rachmaninov rifletteva su Beethoven. Ma anche il modo in cui David Del Puerto, su commissione di MITO, ha preparato una nuova orchestrazione per i numeri finali del Requiem di Mozart e Brad Meldahu scrive Lieder prendendo a modello Schumann, Maxwell Davies rende omaggio al tema dell’addio e Unsuk Chin ripensa alcuni gesti del Romanticismo (per citare quattro delle molte prime esecuzioni assolute e italiane che abbiamo in cartellone).

Nei 126 concerti del festival ascolteremo il futuro che forse spavento Schubert mentre componeva l’Incompiuta accostato a quello che Berio gli ha regalato riunendo i suoi frammenti in Rendering; scopriremo il modo in cui Tonu Korvits ha messo in musica Cesare Pavese ricoprendolo di luce (e un’altra delle nostre prime esecuzioni); ci interrogheremo sull’idea di progresso rileggendo Brahms insieme a Icarus di Lera Auerbach (prima italiana); appoggeremo le orecchie sul modo in cui Max Reger ha riscritto le Variazioni Goldberg di Bach affidandole a due pianoforti. E così via.

Siamo ancora feriti dalla pandemia, non ci sono dubbi. Ma cominciamo a vedere una luce in fondo al tunnel. A questo, a condurci e ad accompagnarci verso il domani, vuole servire MITO 2021. Con fiducia e speranza.

Nicola Campogrande
Direttore artistico del festival MITO SettembreMusica

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