La musica riparte dal silenzio
Intervista a Giulio Prandi direttore del Coro e dell’Orchestra Ghislieri

Sabato 5 settembre la musica barocca dispiega le sue meraviglie sul palco del Teatro Regio con una selezione di tre pezzi sacri interpretati dal Coro e Orchestra Ghislieri, sotto la direzione del maestro Giulio Prandi. Poiché in città gli appassionati di questo repertorio sono numerosi, ma le attuali misure di sicurezza impongono l’accesso in sala di un numero limitato di spettatori, il concerto, in programma alle ore 20, sarà replicato alle ore 22.30.

Maestro Prandi, in apertura del concerto al Teatro Regio, il Coro e Orchestra Ghislieri proporrà un pezzo piuttosto raro, il Mottetto in festo Sancti Michaelis Archangeli di un musicista coetaneo di Pergolesi ma molto meno celebre, Davide Perez. Vuole anticiparci qualcosa sull’ascolto?
§«Si tratta di un pezzo semplicemente straordinario, composto da Davide Perez per la Cappella Patriarcale di Lisbona e da noi ritrovato nel corso delle nostre ricerche su questo compositore, che amiamo molto. Si fa silenzio, in cielo, perché sta per scoppiare la lotta tra San Michele e il Drago. Un silenzio dipinto in modo straordinario da Perez! Un silenzio che richiama quello a cui siamo stati costretti in questi mesi, e da cui ripartirà la nostra musica, quella sera, nella magnifica cornice del Regio di Torino. Dopo il silenzio scoppia la lotta, e due voci si stagliano in chiaroscuro sulla confusione creata dalla vorticosa scrittura: quella del drago, un basso minaccioso, e quella di San Michele, a cui prestano la voce prima un alto poi un soprano. E dopo il trionfo della luce, mille e mille voci si levano in canti di giubilo, così come, ne sono sicuro, i nostri cuori di musicisti si risveglieranno nel tornare a cantare e suonare insieme. Ci sembrava che nessun brano potesse essere più adatto per la ripresa di Coro e Orchestra Ghislieri dopo questo lungo periodo di silenzio!»

Il programma comprende il Salve Regina di Händel, che il grande maestro compose nella sua giovinezza durante un soggiorno in Italia. All’epoca egli era già molto famoso per la sua bravura come organista e in questa composizione lo dimostra a pieno, non è così?
«Assolutamente. Al centro del brano è incastonato uno straordinario quanto difficilissimo solo di organo, a cui darà voce la nostra Maria Cecilia Farina, duellando con Alberto Guerrero, il nostro primo violoncello, a cui Händel ha affidato una frase che, a metà del movimento, sembra voler sfidare la bravura dell’organo in una gara di virtuosismo. Questo tipo di contese non erano rare all’epoca. Ma la grandezza di questo Salve Regina, perfetto per la voce di Sonia Tedla, è nella sua essenzialità. Quattro strumenti e una voce, che Händel, con una sapienza che è difficile conciliare con l’età che aveva quando ha scritto questo brano, rende capaci di sondare un testo pieno di significato e profondamente complesso. Nella pagina finale, così diafana, quasi astratta dopo la festa del movimento organistico, sembra di intravedere la figura di Maria, la giovane Vergine, che scompare nel suo diventare regina del cielo».

L’appuntamento al Regio si chiude con lo Stabat Mater di Emanuele d’Astorga. Nell’Ottocento, la biografia avventurosa di Astorga ispirò le storie più fantasiose: secondo una di queste, il musicista sarebbe guarito dalla follia ascoltando proprio il suo Stabat Mater
«Questa scena è anche raccontata in un’opera, Astorga di Johann Joseph Albert; Angioletta, un tempo allieva del Maestro, lo fa rinsavire dalla sua malattia mentale intonandogli le prime misure dello Stabat, citandole letteralmente – indice che il pezzo era probabilmente conosciuto e riconoscibile. In effetti il primo tempo di questa composizione è semplicemente magnifico. Un contrappunto denso, severo, lacerante, profondamente espressivo. Ma i movimenti successivi non sono da meno. Al centro dell’opera, un’aria di profonda bellezza è affidata al soprano: Sancta Mater, istud agas. Il testo è semplicemente declamato, con una prosodia costante in omoritmia con l’orchestra, colorato solo dall’armonia e dal variare della tessitura. Vera astrazione, aurea semplicità. Una menzione la merita anche il movimento conclusivo, che sembra riecheggiare la gara di bravura tra le sezioni corali che chiude il Dixit Dominus di Händel, probabilmente coevo a questo Stabat, quasi certamente scritto a Roma. Questi tre pannelli racchiudono gli altri versetti, divisi tra il coro e i solisti, anch’essi ricchi di bellezza e commozione. Un’opera di un autore certamente minore, ma che qui ha raggiunto un vertice assoluto. Musica forse non perfetta, ma profondamente autentica e piena di sapienza. Per questo, lo Stabat di Astorga è uno dei brani che amiamo ed eseguiamo di più, e uno degli esempi più rappresentativi del mare di tesori che ancora si nascondono, in Italia, tra le pieghe del nostro passato».

Dopo tanti mesi in cui la musica si fruiva esclusivamente attraverso dispositivi elettronici, finalmente pubblico e musicisti si incontrano dal vivo!
«È stato molto duro essere lontani dalla musica per tutto questo tempo! E non solo artisticamente. Come tutti, abbiamo perso diversi concerti; fortunatamente quasi tutti sono stati riprogrammati per gli anni prossimi, ma questo non toglie nulla alla terribile difficoltà in cui moltissimi musicisti si sono trovati in questi mesi. Spero davvero che questa incertezza non faccia gettare la spugna ai tantissimi, qualificatissimi giovani artisti che si stavano affacciando ora alla carriera. Noi avremmo voluto fare di più, ma in Italia purtroppo non è facile».

Il Centro di Musica Antica della Fondazione Ghislieri, di cui lei è direttore artistico, ha sfruttato in qualche modo le possibilità offerte dalla rete?
«Abbiamo cercato di dare voce ai nostri artisti, creando contenuti multimediali originali: lezioni di musica, ma anche faccia a faccia con i nostri musicisti e suggerimenti di ascolto da parte loro. Ma non concerti in streaming: la musica deve essere dal vivo, il digitale non può sostituirsi all’esperienza di condivisione artistica ed umana del concerto. Il silenzio di questi mesi deve servire a farci apprezzare l’importanza dell’arte dal vivo. Il nostro pubblico ha apprezzato molto la scelta. E naturalmente abbiamo lavorato per costruire la ripartenza, che fortunatamente si presenta un po’ meglio di quanto previsto. Accanto a tutto ciò, abbiamo approfittato per studiare i repertori e lavorare alle proposte per i prossimi anni, che proprio in questo periodo stiamo sottoponendo ai programmatori italiani ed europei».

A proposito di studio, il Centro da anni riporta alla luce pezzi rimasti inascoltati per troppo tempo…
«L’attività di ricerca è il vero motore del nostro sviluppo artistico. Con il nostro Comitato Scientifico, promosso in collaborazione con l’Università di Pavia, indaghiamo il repertorio dimenticato delle grandi cappelle italiane del Settecento; lo riscopriamo, lo studiamo, e quando ci troviamo di fronte un nuovo tesoro lo inseriamo nei nostri programmi. Abbiamo fatto emergere molte cattedrali nascoste: l’ultima è in uscita a breve per Arcana – Outhere Music, il magnifico Requiem di Jommelli. Ma non è solo una questione di repertorio. Andare a fondo di un linguaggio, di un’estetica, di un universo culturale: questo vuol dire fare musica in modo storicamente informato. Suonare e cantare insieme per anni, con un nucleo artistico stabile, condividere riflessioni, esperienze e sensibilità per dar voce, oggi, alla nostra eredità dei secoli passati, in modo fedele, autentico e per questo anche contemporaneo».

Il Centro svolge anche un’importante attività formativa. Possiamo dire che abbia a cuore il futuro quanto il passato?
«Sicuramente sì, come il Collegio Ghislieri, l’ente che ne è promotore. Fondato da S. Pio V nel 1567, ha da sempre la missione di sostenere i migliori studenti, specie quelli meno abbienti, e di avviarli verso un futuro professionale importante. Lo stesso fa il Centro di Musica Antica con i giovani artisti. Ad esempio, attraverso il progetto eeemerging+, sostenuto da Creative Europe e coordinato dal Centro Culturale di Ambronay, promuoviamo ogni anno residenze e concerti con i migliori ensemble emergenti di musica antica della scena europea. Ma non solo: siamo molto attenti alle nuove proposte quando costruiamo i nostri cartelloni, e naturalmente coinvolgiamo i migliori cantanti e strumentisti in Coro e Orchestra Ghislieri».

Liana Püschel