Se gli “Spiriti” sono il tema conduttore di questa edizione di MITO, non vi è dubbio che quelli che aleggiano sul concerto di domenica 6 settembre al Teatro Regio (ore 20 e 22.30) sono spiriti benevoli e sereni, ispiratori di un Novecento non cupo né tragico, ma non per questo superficiale o disimpegnato. E se “spirito” evoca in tutte le culture l’idea di soffio vitale, ecco due fiati solisti, il flauto di Andrea Oliva e il clarinetto di Alessandro Carbonare, affiancare l’Orchestra I Pomeriggi Musicali diretti da Alessandro Cadario per un programma che spazia dal Vecchio al Nuovo Continente e duettare insieme nel Choros n. 2 per flauto e clarinetto di Hector Villa-Lobos e nel Concertino per flauto, clarinetto e archi di Ernest Bloch.
E ritroviamo ancora il flauto, questa volta con Alberto Barletta, al centro del concerto dell’OSN della Rai di mercoledì 9 settembre (Teatro Regio, ore 20 e 22.30), diretto da Michele Mariotti. Quel piccolo grande gioiello che è la Danza degli spiriti beati dall’Orfeo ed Euridice di Gluck, e ha appunto nel flauto la sua voce solista, si trova incastonato tra la stupefacente Sinfonia in sol minore K. 183 di un Mozart diciassettenne e già straordinariamente adulto e maturo nella capacità di cogliere l’elemento tragico della vita e la coeva e più sorridente Sinfonia in sol maggiore K. 199.
Archi in primo piano nel concerto di martedì 15 settembre (ore 16) presso il Conservatorio, con l’Orchestra dell’Università degli Studi di Milano diretta da Alessandro Crudele. Dello statunitense Aaron Jay Kernis si potrà ascoltare una pagina bellissima e altrettanto poco eseguita in Italia come Musica coelestis e, a seguire, il Concerto per pianoforte e orchestra in mi bemolle maggiore K. 449 nell’interpretazione solistica di Davide Cabassi e nella versione per orchestra d’archi prevista dallo stesso Mozart. Il quale rende facoltativi (“ad libitum”) i fiati, probabilmente per rendere più agevole alla sua brava allieva Barbara Ployer la presentazione del Concerto nei salotti di Vienna. Una ragione pratica e contingente, che tuttavia conferisce alla pagina un tocco più intimo, non a caso apprezzato da un grande interprete mozartiano come Paul Badura-Skoda. Completa il programma Edward Elgar con la sua Serenade per archi. Se la Serenata è il genere per eccellenza dell’intrattenimento settecentesco, nel trattamento di Elgar essa si carica di una nostalgia tutta tardoromantica.
“Uno spettro si aggira per l’Europa” avrebbe scritto qualcuno nel 1848 evocando un cataclisma politico-sociale. Alcuni decenni prima, qualcosa del genere avviene in musica, quando un nuovo personaggio si affaccia sulla scena della musica strumentale, ormai pienamente affrancata dal compito di accompagnare (il canto, la danza, la cerimonia ecc.) per diventare teatro di sperimentazione e di conflitti espressivi. Questo nuovo personaggio è il modo minore, impiegato in maniera del tutto nuova rispetto al passato e divenuto portatore di una nuova istanza drammatica.
Il concerto di Atalanta Fugiens diretta dal suo fondatore Vanni Moretto (Conservatorio, mercoledì 16 settembre, ore 16) disegna un itinerario del tutto eloquente in tal senso. Le folate Sturm und Drang che screziano in minore l’ultimo movimento della Sinfonia “Tempora mutantur” di Haydn (i tempi cambiano!) passano attraverso Mozart e Zingarelli, operista napoletano ma sinfonista milanese, per arrivare al ceco Vaňhal, a dimostrazione del fatto che lo spettro vagava effettivamente per tutta Europa.
Archi e pianoforte di nuovo insieme sotto il segno di Chopin nel concerto dell’Orchestra Filarmonica di Torino di giovedì 17 settembre (Teatro Regio, ore 20 e 22.30). Andrea Lucchesini al pianoforte e gli archi dell’OFT concertati da Sergio Lamberto presenteranno in prima esecuzione assoluta la Grande Polonaise brillante op. 22 précédée d’un Andante spianato nella versione per pianoforte e orchestra d’archi di Federico Gon e il Concerto n. 2 in fa minore per pianoforte e orchestra op. 21 nella trascrizione per orchestra d’archi di Giorgio Spriano. E ancora una volta l’assenza dei fiati non andrà intesa come sottrazione di colore ma come invito a un ascolto più intimo e raccolto.
Nicola Pedone