Un luogo, una data… E chi conosce le vicende musicali che hanno segnato il corso della storia delle arti coglie subito il riferimento. Il 29 maggio del 1913 il Théâtre des Champs-Élysées di Parigi è la scena di un evento, spettacolo nello spettacolo, destinato a restare nella storia della musica. Le due nuove composizioni presentate in una serata dedicata al balletto classico, Le sacre du printemps di Igor Stravinskij e Jeux di Claude Debussy, sono un’esplosione di modernità e creano (soprattutto la prima) reazioni così opposte da riempire le pagine dei giornali come raramente uno spettacolo musicale farebbe anche oggi. In realtà “il grande scandalo” che La sagra della primavera creò è stato di recente ridimensionato, leggendo attentamente le cronache dell’epoca, ma ciò che conta è l’impatto della nuova musica nel centro musicale per eccellenza dell’epoca – Parigi – alle porte della Grande Guerra.
Il concerto intitolato Parigi 1913, La Scène Révoltée (sabato 14 settembre, Sala Cinquecento del Lingotto, ore 21), cerca di restituire il clima di novità e la collocazione storica di quell’avvenimento attraverso un concerto che alla modernità musicale dell’epoca associa quella della tecnologia odierna.
Non lo ha pensato un musicista, bensì un cineasta, Fabrice Aragno: «Nel 2013 ho realizzato questo spettacolo per i cento anni dalla creazione artistica di Nijinskij. Ho voluto un incontro tra immagini e musica».
In programma tre pezzi, tutti nella loro trascrizione per due pianoforti: il Sacre e Jeux, appunto, e poi il Prélude à l’après-midi d’un faune, ancora di Debussy, che alla fine del Novecento prefigurava il nuovo suono e gli scenari acustici e formali che attendevano gli ascoltatori.
Fabrice Aragno, come ha immaginato lo spettacolo?
«Ho un’idea di spettacolo totale che si attua attraverso un trio: due pianisti – Ufuk e Bahar Dördüncü – e l’immagine. L’immagine è proiettata tutta intorno al palco diventando così protagonista, non sfondo, e la elaboro in diretta con il computer. Ho ripreso la pittura del periodo per il Prélude. Per il Sacre sono partito invece dall’idea mitologica del sacrificio e della primavera: molte rivoluzioni sono nate in primavera e quindi ho preso le grandi rivoluzioni, dalla Primavera di Praga a quella araba e ho fatto una composizione, pescando tra archivi e frammenti cinematografici (per esempio ho preso i sacrifici dai vari film di King Kong). La primavera non è una cosa dolce: è un momento di rottura, come si rompe il ghiaccio a San Pietroburgo. Jeux, infine, è un duetto basato sul magnetismo e l’attrazione tra le cose. Ho lavorato qui non in maniera narrativa, ma evocativa, concentrandomi molto sulla capacità attrattiva della materia».
Federico Capitoni