«Solo con il pubblico c’è vera condivisione della bellezza della musica».
OFT torna dal vivo con la flautista Silvia Careddu

Il verde è il colore che sceglie la vita per risvegliarsi a primavera e, grazie a una fortunata coincidenza, è anche il colore di GREEN, l’appuntamento di maggio con l’Orchestra Filarmonica di Torino, il primo della stagione che potrà contare sulla presenza del pubblico sia per la prova generale, lunedì 10 alle ore 18.30 al Teatro Vittoria, sia per il concerto, martedì 11 alle ore 20 al Conservatorio G. Verdi di Torino.
GREEN propone un programma di pura freschezza sonora, che combina Settecento e contemporaneità, gli Archi dell’Orchestra Filarmonica guidati da Sergio Lamberto e il flauto di Silvia Careddu.

Maestro Careddu, lei è una flautista affermata a livello internazionale: oltre a collaborare con le più importanti orchestre europee, è membro fondatore dell’Alban Berg Ensemble Wien e da novembre rivestirà il ruolo di primo flauto nell’Orchestre National de France. Lei è anche una donna: in questo momento in cui si discute molto sulla disparità di genere in ambito lavorativo, come vede la situazione nel mondo della musica?
«In realtà non esistono solo le problematiche di genere, ma anche quelle legate alla provenienza geografica, ecc. Io ho avuto dei risultati perché ho sempre studiato, ho continuato a evolvermi come musicista e come essere umano. Ho cercato sempre di seguire una linea che fosse quella dell’onestà artistica e intellettuale, e non mi sono mai voluta piegare a niente. Sono stata quasi sempre fortunata, perché ho avuto colleghi che non hanno mai guardato alla provenienza o al genere. Naturalmente, ho notato alcune difficoltà: in certe occasioni si possono avere degli insuccessi anche suonando bene, ma semplicemente perché si era nel posto sbagliato. Mi sono confrontata con due situazioni di questo genere e, invece di lamentarmi, sono andata avanti».

A Torino affiancherà un’orchestra costituita prevalentemente da giovani, ma i giovani fanno già parte della sua quotidianità, perché svolge un’intensa attività didattica insegnando ad esempio presso il Conservatorio di Strasburgo, la Barenboim-Said Akademie di Berlino e la Scuola di Musica di Fiesole. Cosa pensa del futuro delle nuove generazioni di artisti dopo la pandemia?
«Durante tutto questo periodo ho detto ai miei alunni di Strasburgo e di Berlino di continuare a studiare come prima, se non di più, perché la musica in primis aiuta a evolversi, ad avere un controllo su sé stessi ancora più raffinato, più elevato. Ho sempre lavorato con i miei allievi senza avere uno scopo immediato, come un concerto o un concorso, spingendoli ad ampliare le loro conoscenze oltre lo strumento, interessandosi ad ogni aspetto utile all’interpretazione, come la storia, i trattati, i movimenti filosofici… Sul futuro non sappiamo niente: adesso molti concorsi non si fanno in presenza ma inviando dei video. L’importante è andare avanti, stringere i denti e restare concentrati».

Tornando al concerto, l’OFT ha affidato la sua rappresentazione grafica all’artista torinese Elena Giannuzzo che l’ha tradotto in un quadro astratto in cui vibrano diverse tonalità di verde. Questo colore può essere rappresentativo del suono del flauto?
«Il quadro mi è sembrato bellissimo! Dal mio punto di vista il verde esprime tantissima energia, ed è anche il mio colore preferito, ma non penso che sia quello giusto per descrivere il suono del flauto. Il colore dello strumento cambia con ogni pezzo. Credo invece che il verde si associ perfettamente ai titoli settecenteschi del programma: il Concerto Il Gardellino di Vivaldi è molto vivace e richiama fortemente la natura; il Concerto in re minore di Carl Philipp Emmanuel Bach, a sua volta, è molto energetico: sin dalle prime note si sente che è un esplodere di verve ritmica!».

Il Gardellino è stato eseguito dai più grandi flautisti. C’è qualche interpretazione che le sia stata d’ispirazione?
«In realtà per il repertorio barocco ascolto di tutto. Per questo pezzo, ad esempio, ascolto altre composizioni del periodo e altri pezzi di Vivaldi, in modo da trovare stimoli diversi e spunti vari d’interpretazione».

Il Concerto in re minore di Carl Philipp Emmanuel Bach fu scritto appena una ventina d’anni dopo la pubblicazione del Gardellino, ma esprime un gusto diverso…
«Carl Philipp Emmanuel Bach è già un contemporaneo di Mozart, è già sullo stile Empfindsamkeit (cioè della teoria degli affetti), quindi già molto più propulso verso il Romanticismo. Scrisse tantissimi concerti molto originali: chi conosce la sua musica sa che era un rivoluzionario, un grande sostenitore della musica intesa come un’arte che doveva toccare il cuore, sia di chi l’ascoltava, sia di chi l’interpretava».

Completa la parte del programma che la vedrà protagonista Soffio blu, una pagina di Nicola Campogrande che debuttò proprio con l’OFT nel 2006…
«Sono felice di suonare un brano di un musicista contemporaneo per contribuire a rendere la musica dei nostri tempi fruibile al pubblico. In particolare, Soffio blu sarà una bellissima scoperta per quelli che non lo conoscono. Mi ha fatto estremamente piacere ricevere la proposta di eseguirlo! Sono molto curiosa di scoprire come interagiremo l’orchestra ed io perché saremo senza direttore e la composizione è abbastanza densa, soprattutto il secondo movimento, indicato come “Quasi un blues”».

Questo sarà il primo concerto di nuovo “dal vivo” della stagione: la presenza del pubblico in sala come influenza l’esecuzione?
«Si può suonare anche senza pubblico, come abbiamo fatto sinora: la musica è bella sempre e fa del bene sia a chi la suona sia a chi l’ascolta; ma un concerto senza pubblico non ha assolutamente lo stesso significato, non dà le stesse emozioni. In un concerto dal vivo si dà e si riceve tantissimo: c’è uno scambio, un dialogo senza parole fra gli interpreti e il pubblico. L’arte è un bene di tutti e la presenza del pubblico ai concerti è determinante per la condivisione della sua bellezza».

Liana Püschel