Giampaolo Pretto: la gioia contagiosa di fare musica

A guardare la strepitosa carriera di Giampaolo Pretto – ha tenuto migliaia di concerti nelle più importanti sedi italiane e internazionali come solista, camerista, primo flauto e direttore d’orchestra; è stato docente per anni presso l’Orchestra Giovanile Italiana, compone e da qualche anno è direttore musicale dell’Orchestra Filarmonica di Torino – c’è da chiedersi dove abbia trovato il tempo e le energie per tutto questo. Ne parliamo insieme.

Maestro, non è frequente incontrare musicisti che come lei abbiano rivestito così tanti ruoli in ambito musicale. In che relazione stanno queste esperienze? Esistono punti di contatto? Quale “punto di vista” sulla musica predilige?
«L’anello di congiunzione tra tutte queste esperienze sta in una cosa sola: la partitura, che deve stare al centro della nostra ricerca. Fare musica per me è un privilegio del quale sono spesso grato e incredulo ancora oggi. Noi musicisti abbiamo la fortuna di passare la vita in compagnia di geni che hanno espresso la ricchezza del loro pensiero attraverso delle note. Farle vivere e comunicarle agli altri è la nostra chance preziosa, e in questo per me non c’è alcuna differenza tra suonare, dirigere o insegnare. Il punto di vista infine per me è quello di “spiegare la partitura”. Come diceva Bernstein, «eseguire la musica come se l’avessimo appena scritta noi»: con quella freschezza che può scaturire solo da un lavoro enorme di analisi e di approfondimento sul testo per non sembrare insincera».

Il 1 gennaio 2018 si è conclusa dopo diciotto anni la sua esperienza con l’Orchestra Giovanile Italiana. Quali altre avventure musicali la aspettano nel prossimo futuro?
«Come flautista è in uscita un mio doppio cd per Warner: il mio personale omaggio monografico al centenario della morte di Debussy, compositore che da sempre sento in modo particolarmente profondo. Come direttore continuano le mie incursioni nel repertorio più eterogeneo: per esempio dirigerò nel giro di un mese Stabat Mater di Pergolesi e Aus Italien di Strauss».

Come direttore musicale dell’Orchestra Filarmonica di Torino quali linee ha seguito e quali intende sviluppare?
« Cercare di scegliere bella musica e, quando possibile, non troppo nota. Anche all’interno del repertorio tradizionale ci sono strani silenzi su parte del repertorio: con OFT abbiamo appena eseguito la Prima Sinfonia di Čajkovskij, che quasi nessuno, nemmeno tra i musicisti, aveva mai suonato o sentito. Se dovessi scegliere un Concerto per corno di Strauss, farei il secondo e non il primo, e così via… Ci tengo a sottolineare però che tali scelte vengono operate in OFT da un gruppo in cui la mia opinione vale come terza parte: il direttore artistico Michele Mo e Gabriele Montanaro si uniscono a me per ogni decisione artistica. Fondamentale poi il contributo prezioso di Sergio Lamberto, la nostra spalla, musicista di lunghissima esperienza».

L’Orchestra Filarmonica di Torino è prevalentemente composta da giovani neo diplomati e da studenti di corsi di perfezionamento. Quali opportunità offre loro l’esperienza in questa formazione?
«OFT è una vera e propria filarmonica, ossia un’orchestra dall’organico variabile (ogni volta diverso almeno per metà), e formato sì da giovani, ma in gran parte già professionisti consumati, ospiti abituali di tante altre eccellenti compagini, che però vengono volentieri da noi sapendo che la ricerca della qualità esecutiva più accanita costituisce la nostra benefica ossessione. Molti di loro sono stati miei studenti a Fiesole, proprio in quell’Orchestra Giovanile Italiana che ho da poco lasciato e in cui ho avuto la fortuna per molti anni di lavorare con centinaia di talenti, crescendo insieme a loro: io nelle mie competenze direttoriali relative a gestualità e repertorio, loro nell’affinamento di ciò che sarebbe diventata la loro professione. Questi giovani ben conoscono, avendo studiato con me in passato, la mia pignoleria e il mio orrore per la routine e vengono volentieri anche per questo, esprimendo un livello esecutivo a mio parere ampiamente paragonabile a quello di orchestre stabili e blasonate».

I concerti dell’Orchestra Filarmonica di Torino registrano spesso il tutto esaurito. Qual è la ricetta di questo successo?
«Dal lato della progettazione, fino alla produzione e all’ottima comunicazione di Marina Maffei l’attuale team OFT è un gruppo molto coeso che corre spedito cercando di stare sempre un passo avanti.  Sul fronte musicale, forse convince la sincerità delle nostre proposte, la freschezza esecutiva espressa dai giovani di cui parlavo, la voglia irrefrenabile che abbiamo di divertirci facendo musica… Personalmente adoro il mio lavoro, mi sono sempre divertito da pazzi, e in OFT posso esprimere questa gioia di far musica senza doverla dissimulare… anzi, contagiando tutti!»

A marzo con l’Orchestra Filarmonica di Torino eseguirete la Sinfonia n. 1 di Mahler nell’adattamento per ensemble di Klaus Simon. Chi ama l’originale che cosa può trovare in questa trascrizione per diciassette strumenti?
«Il materiale originale c’è tutto, fino all’ultima nota, tuttavia questo lavoro non va accostato cercandovi la magnificenza della strumentazione originale, bensì indagando la purezza dei motivi e dei colori, scarnificati e affidati a singole voci, che di conseguenza risultano, forse, ancora più evidenti nella loro scabra sostanza di idee pure, nella loro cameristica essenzialità».

Laura Brucalassi