Il giardino d’inverno
di Enrico Dindo

Enrico Dindo sarà ospite della Filarmonica di Torino, con un programma particolarmente adatto a metterne in luce le doti d’interprete sensibile e raffinato. Abbiamo chiesto a lui di raccontarcelo.

Il concerto si apre con un brano, la Romanza di Strauss, di rara frequentazione. Potrebbe presentarcelo?
Nel 1883, all’età di diciannove anni, Strauss aveva appena iniziato gli studi all’Università di Monaco. Al suo attivo c’erano già alcune composizioni musicali, per la maggior parte pezzi per pianoforte e Lieder. Che il giovane Richard volesse provare le sue potenzialità su lavori più impegnativi e complessi appare del tutto naturale. Insieme alla Sinfonia in fa minore op. 12, composta nello stesso anno, la Romanza in fa maggiore è uno dei suoi primi sforzi in quella direzione. Un singolo movimento di dieci minuti presenta un lungo assolo lirico del violoncello con un accompagnamento orchestrale. La Romanza è dedicata al grande violoncellista boemo Hanuš Wihan, stesso dedicatario di molte composizioni dell’epoca, compresi il celebre Concerto di Dvořák e la Sonata per violoncello, che lo stesso Strauss compose nel medesimo periodo e nella medesima tonalità della Romanza.

Quale posto occupano nella ricca storia dei concerti per violoncello e orchestra, i due composti da Šostakovič?
I due Concerti di Šostakovič sono ai primissimi posti tra le musiche che più amo eseguire. Avverto una grande sintonia tra l’emotività richiesta dalla scrittura e la mia personale.Il Secondo lo vivo come un lungo viaggio, ricco di suggestioni, visioni ed emozioni spesso contrastanti, mentre il Primo, essendo stato uno dei miei primissimi grandi amori, mi piace viverlo come un ritorno in certo qual modo a casa.

Sapere che il Primo è stato composto per ed eseguito da Mstislav Rostropovič in qualche modo la condiziona?
Rostropovič è stato il più grande violoncellista della storia, sapere che è stato in stretto contatto con l’autore, mi condiziona né più né meno di quanto accada quando eseguo Dvořák o Schumann, o qualsiasi altro brano in precedenza eseguito da lui, e sempre in modo straordinario. È stato per me un mito e un punto di riferimento fondamentale, aver avuto l’opportunità di conoscerlo e di avere avuto con lui un rapporto molto stretto per alcuni anni è un privilegio di cui sono quotidianamente grato alla vita.

Lei si dedica parimenti all’attività cameristica e alla direzione d’orchestra. Trova un legame o una qualche relazione tra il concertismo solistico, la direzione d’orchestra e l’impegno nella musica da camera?
Il mio amore per la musica nasce profondamente dalla mia esperienza nella musica da camera. Non riesco a discernere in alcun modo il concetto del “suonare insieme” da alcuna espressione della musica, nemmeno quando dirigo.

 

Fabrizio Festa