Note nostalgiche per un interprete che guarda al futuro. Intervista a Mario Stefano Pietrodarchi

In ogni viaggio arriva il momento della nostalgia. Ci coglie la nostalgia di casa e poi, quando il giorno del ritorno si avvicina, una sorta di nostalgia preventiva dei posti che dovremo presto abbandonare.
Nella stagione dell’Orchestra Filarmonica di Torino, ideata “per quelli che volano”, Nostalgia giunge con il concerto del 16 aprile alle 21, al Conservatorio Giuseppe Verdi. In programma il Concerto per archi di Nino Rota, carico di ricordi della tradizione barocca, ma anche delle molte collaborazioni dell’autore con Federico Fellini, il Divertimento per archi BB 118 di Bela Bartòk, composto pochi mesi prima che il musicista ungherese abbandonasse definitivamente la patria, e una selezione di tanghi di Astor Piazzolla, in arrangiamenti per bandoneon e archi che vedranno come protagonista Mario Stefano Pietrodarchi.

Maestro Pietrodarchi, il concerto Nostalgia sarà preceduto da una prova di lavoro (domenica 14 aprile, ore 10, +SpazioQuattro) e da una prova generale (lunedì 15, ore 18:15, Teatro Vittoria), entrambe aperte al pubblico. Qual è la sua opinione su questa iniziativa dell’OFT?
Sono entusiasta delle prove aperte, perché sono convinto che ogni volta metà concerto lo faccia il pubblico. È bellissimo quando si instaura un rapporto splendido con esso e questi incontri sono una grande occasione per conoscersi a vicenda.

Nel concerto interpreterà cinque tanghi di Piazzolla, un grande maestro del bandoneon. Come si è avvicinato a questo strumento?
Io nasco come fisarmonicista. Nel 2001 ho vinto il trofeo mondiale della Confédération Mondiale de l’Accordéon, uno dei concorsi più importanti al mondo per fisarmonicisti e dopo questo traguardo, sognato per tanto tempo, ho avuto la fortuna di ascoltare Astor Piazzolla. È stato amore allo stato puro! Ho iniziato a suonare il bandoneon proprio perché mi sono innamorato della sua musica.

La musica di Piazzolla, con i suoi riferimenti al jazz, al rock, agli autori classici come Bartòk, è molto diversa rispetto al tango tradizionale. Lei si dedica anche alla versione più classica di questo genere?
Il tango tradizionale è un linguaggio che non conosco e non l’ho mai suonato. A me piacerebbe costruire un repertorio che mi rappresenti, scritto appositamente per me: per questo cerco di scoprire compositori nuovi, che non hanno mai scritto musica per i miei strumenti. Tra questi non posso non parlare di Fabio Conocchiella, che sta costruendo una bellissima carriera pur essendo giovanissimo; o del compositore trentino Roberto Di Martino, che ha scritto Doppio Concerto per bandoneon, chitarra e orchestra. La mia idea è quella di creare una sonorità particolare. Suono uno strumento, il bandoneon, reso famoso dal tango, ma la mia terra è l’Italia, la patria della melodia, quindi realizzare un mix di questi due ingredienti è davvero interessante, esplosivo! Questo spiega perché ho questo desiderio di coinvolgere giovani compositori italiani. Ci sono tantissimi progetti che vorrei realizzare, ho tantissime idee sia a livello discografico sia per quanto riguarda live da costruire… ma ampliare il repertorio per bandoneon e per fisarmonica mi preme moltissimo: credo che sia davvero importante non solo per la storia degli strumenti, ma anche per le prossime generazioni di interpreti.

Liana Püschel