Sono anni d’oro questi per la pianista croata Martina Filjak, un crescendo di popolarità e prestigio che dalla vittoria al Concorso Pianistico Internazionale di Cleveland, ottenuta dieci anni fa, e dal seguente debutto come solista alla Carnegie Hall di New York, non l’ha mai abbandonata. Un’artista sulla cresta dell’onda. Il New York Times ne ha lodato l’interpretazione brillante, sensibile e fantasiosa, l’intraprendente tecnica e la naturalezza della musicalità, e per il suo approccio l’ha definita «una pianista da tenere d’occhio».
Il concerto del 12 febbraio, con gli archi dell’Orchestra Filarmonica di Torino e Sergio Lamberto maestro concertatore, vedrà Martina Filjak in un gioco di specchi tra passato e presente.
Musica somma, il Bach di due Concerti per clavicembalo e archi, versus musica che con il sommo si confronta, che appartenga al Novecento di Corigliano nel suo Fancy on a Bach e di Schönberg nei suoi 11 Walzer, o al “qui e ora” di Stefano Pierini che scrive su commissione.
A Martina Filjak chiediamo il suo punto di vista.
Il contrappunto dei Concerti n. 1 e n. 2 è un dialogo perpetuo, con rari momenti di tregua. Complessità e bellezza stanno insieme?
Per me il contrappunto è in un certo senso il corrispettivo musicale della democrazia emotiva e intellettuale, può essere patrimonio di una persona soltanto ma anche di un’intera società. La libertà di opinione e di emozione sono i valori che consideriamo più alti della nostra civilizzazione. E nel contrappunto esiste questa libertà nell’intreccio delle voci: sono le singole linee e l’intreccio a formare complessità e bellezza.
Che cosa significa per lei mettere Bach a confronto di autori del Novecento?
Molti autori del Novecento hanno inglobato l’eredità di Bach nel proprio lavoro. Bach è una presenza con cui ogni compositore in ogni tempo si mette in relazione (pensiamo anche a tutto l’Ottocento). E anche in questo concerto è il filo conduttore; di fronte alle sue opere, gli altri autori del nostro tempo giocano a imitarlo, interrogarlo, dialogano con lui e si permettono anche in un certo senso di deformarlo.
E quali sono i sentimenti che Lei trasferisce nelle pagine di Bach?
In fondo Bach ti accompagna dai primi passi. Da piccoli si comincia con i pezzi brevi, magari quelli della Büchlein vor Anna Magdalena, poi le invenzioni, i preludi, le fughe, e via via si scoprono pezzi del suo universo. Nella Johannespassion c’è una stanza: “Erwäge, wie sein blutgefärbter Rücken in allen Stücken dem Himmel gleiche geht” dove Bach mi pare davvero umano, corporale, uno di noi, che cammina sulla terra come tutti. Credo che la sua musica sia piena di sentimento, nel senso più ampio del termine.
Monica Luccisano