La viola di Simone Briatore nella soffitta di OFT

A maggio, per la stagione Nine Rooms dell’OFT, gli Archi dell’Orchestra Filarmonica di Torino accoglieranno il pubblico nella Soffitta per un concerto che avrà come protagonista la viola di Simone Briatore, attualmente Prima viola presso l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia.

Maestro Briatore, si sente a suo agio in questo ambiente?
La soffitta va benissimo! Magari fra le tavole del tetto filtra qualche raggio di sole… Rovistando tra oggetti ammassati e bauli polverosi, si trovano tracce silenziose di ciò che fu. Calandoci nello specifico del programma, ci capiterà in Lachrymae op. 48a di seguire lo sguardo di Britten che si posa su una melodia scritta da un altro compositore inglese ma nato 350 anni prima: vedremo la melodia frammentarsi come uno specchio rotto, e da essa nascere visioni e incubi, per poi ritrovarla, in tutta la sua purezza arcaica, nel finale. Anche la Trauermusik di Hindemith è legata all’Inghilterra, in quanto scritta per la morte di Giorgio V, e parla un linguaggio ben conscio del passato. Passato cui si ricongiunge dichiaratamente nel movimento finale, un corale luterano che infonde luce a queste pagine funebri.

Com’è maturato il suo interesse per la viola?
La viola è lo strumento che i violinisti sono costretti a frequentare brevemente prima di terminare gli studi, ma per me le cose sono andate diversamente. Forse perché la viola è femmina, e assai seducente, forse perché era destino, sicuramente grazie alla ricchezza di stimoli datami dal mio primo insegnante, Davide Zaltron, che conobbi come maestro del corso complementare a pochi anni dal diploma di violino, e poi scelsi per continuare il mio percorso.  Negli ultimi anni ho notato un cambio di atteggiamento nei confronti del mio strumento e di chi lo suona. Fino a qualche anno fa, la produzione di barzellette sui violisti era debordante. Adesso ho l’impressione che abbia un po’ rallentato; prima il violista era uno a cui mancava qualcosa per essere un violinista, ora c’è un’inversione di tendenza, le vibrazioni troppo acute sono spesso avvertite con fastidio, assieme alla competitività e al protagonismo di certi eredi di Paganini… E sempre più ragazzi, al momento di scegliere, si riconoscono maggiormente nei toni morbidi e bruniti della viola.

Assistendo alle master classes di Tabea Zimmermann, eccezionale interprete di Hindemith, com’è cambiata la sua lettura del compositore tedesco?
Le master classes erano specificamente incentrate sulla musica di Hindemith, si trattava di una full immersion con tanto di visita alla villa del compositore, conferenze, concerti, analisi di opere… Tabea riusciva in maniera straordinaria a restituire una profonda espressività alla sua musica, che troppo spesso viene eseguita in maniera oggettiva, grigia e distaccata. Grazie a lei ho scoperto un compositore molto meno severo di ciò che credevo, pieno di vita, humor e umanità. Mi piacerebbe evidenziare, nella Trauermusik, questo aspetto umano, cui tengo particolarmente.

Anche Lachrymae è pieno di umanità
Lachrymae è un pezzo in forma di variazioni, nell’accezione più moderna. Nessun esibizionismo funambolico, come in esempi classici od ottocenteschi, piuttosto un’indagine estremamente originale dei registri espressivi dello strumento ad arco, non astratta ma condotta sulla base di una profonda conoscenza delle sue possibilità tecniche. La difficoltà, a livello esecutivo, sta proprio nel riuscire ad evocare, nel breve spazio di ogni variazione, le diverse situazioni emotive e psicologiche.

 

Liana Püschel