Simbolo d’eccellenza e durevolezza, l’oro e il platino hanno conservato nel corso dei secoli un fascino alchemico senza tempo. Ad aprile, i più nobili fra i metalli “rivestiranno” con il loro prezioso scintillio i due concerti dedicati alla compagine degli Archi dell’Orchestra Filarmonica di Torino, che saranno trasmessi in streaming rispettivamente martedì 13 e martedì 27 alle ore 21 sul canale YouTube di OFT. Protagonisti sul palco Sergio Lamberto, storica spalla di OFT e maestro concertatore nel programma GOLD, e un altro amico di lunga data della Filarmonica quale il grande violoncellista Enrico Dindo, impegnato nella doppia veste di solista e direttore nel programma PLATINUM.
Maestro, qual è il filo rosso che sottende il concerto?
Lamberto: «Il programma fa quadrato attorno alla sezione aurea più rappresentativa della musica tedesca, quella identificata con l’iperbolico slogan delle “tre B”: Bach, Beethoven, Brahms. Pietra angolare della civiltà musicale occidentale, L’arte della fuga – di cui eseguiremo i Contrappunti I, IV, V – raggiunge la perfezione che spetta solo alle grandi opere come la Gioconda o la Divina Commedia. Bach vi racchiude tutti i livelli di lettura e esegesi possibili del contrappunto: poetico, filosofico, religioso. Dopo il 1750 fu Beethoven a infondere linfa vitale a questo genere ormai desueto con la sua Grande Fuga. Nata come movimento finale del Quartetto op. 130, poi separata per eccessiva lunghezza, è una delle sue pagine più impegnative e ambiziose. Viceversa, in contrasto con questi due pilastri della polifonia strumentale d’ogni tempo, i Liebeslieder Waltzer op. 52 di Brahms (proposti nella trascrizione per archi di Hermann) assolvono nel programma la funzione di leggero intermezzo, concepito secondo la più amabile tradizione della Hausmusik tedesca».
Dindo: «Schumann e Dvořák condividono la stessa anima profondamente romantica. Nonostante la diversità di impianto, il Concerto per violoncello op. 129 e la Serenata per archi op. 22 sono accomunati dalla medesima atmosfera espressiva: bellezza delle idee melodiche, strumentazione raffinata e ricchezza armonica degli accompagnamenti».
Come intende lavorare con gli Archi dell’OFT?
Lamberto: «Il lavoro di concertazione mira a ingenerare automatismi stilistici e tecnici tali da creare una coesione totale nel gruppo. Nell’Arte della fuga l’analisi di canoni e fughe è in apparenza semplice, ma ad ogni musicista è richiesta una comunione d’intenti assoluta, emotiva e spirituale. A comandare è l’essenza della musica anziché l’ispirazione del singolo. In pezzi sobri e affabili come i Liebeslieder Waltzer contano invece le ragioni del sentimento: la loro cordialità salottiera, ispirata a poesie slave di argomento romantico (canti di usignoli, mormorio di ruscelli, baci sotto la luna, casette sul Danubio), deve essere interpretata con garbata sapienza».
Dindo: «Il Concerto op. 129 di Schumann possiede un tale equilibrio nel rapporto fra solista e orchestra da non far rimpiangere la riduzione del lavoro per soli archi. Pur mantenendo una posizione dominante, il violoncello non rinuncia al dialogo, all’aperto scambio di idee con il gruppo. Inoltre, la trasparenza della scrittura, anche laddove si assegnino alcune voci dei fiati agli strumenti ad arco, resta invariata. Lo sforzo razionalistico, tipicamente germanico, di Schumann cozza con l’esuberanza inventiva di Dvořák, che spesso rifugge da elaborazioni dotte, limitandosi perlopiù all’avvicendamento spontaneo di motivi o di loro semplici variazioni. Nella Serenata op. 22 troviamo così un florilegio di situazioni, umori e squarci di cielo che vanno colti nella loro semplicità costruttiva per restituire una visione aerea dei paesaggi boemi».
Che effetto le fa suonare in una sala vuota?
Lamberto: «Inizialmente, il disagio è stato forte. Suonare davanti alle telecamere senza conoscere le reazioni degli ascoltatori è straniante. Tuttavia, fin dalle prime esperienze, la sfida principale è stata proprio quella di ricreare insieme ai colleghi di OFT l’entusiasmo dei concerti dal vivo. Quando verranno riaperte le sale, sarà commovente condividere dopo tanti mesi uno sguardo o un sorriso con il nostro affezionato pubblico».
Dindo: «Non mi abituerò mai e non ho alcuna intenzione di farlo, perché confido che si possa tornare presto, anche se gradualmente, alla normalità. Suonare senza pubblico è terrificante, il silenzio che incombe dopo l’ultimo suono porta con sé sensazioni mortifere. La tecnologia, è vero, ci permette di continuare a condividere la bellezza della musica con qualsiasi mezzo e a qualunque costo, ma l’ascolto in streaming resta incompleto come un corpo senza arti».
Valentina Crosetto