Nell’attività militante e benemerita dell’Orchestra Filarmonica di Torino, il capitolo giovani ha sempre occupato uno spazio di riguardo.
«Negli anni – spiega Michele Mo, direttore artistico e presidente della OFT – molti talentuosi musicisti emergenti sono stati inseriti nei ranghi dell’orchestra, grazie a un lavoro di scouting prezioso condotto soprattutto da Giampaolo Pretto e Sergio Lamberto. Un’attenzione speciale viene rivolta alle realtà più brillanti del territorio piemontese, sulla scia dei laboratori svolti in collaborazione con il Conservatorio di Torino, salvo poi allargare lo sguardo naturalmente all’ambito nazionale».
Cosa offre l’OFT a questi giovani?
«La possibilità di crescere musicalmente, in primo luogo. Allargando il discorso, poi, l’obiettivo è di aiutarli a comprendere le dinamiche di gruppo, abituarli a stare in orchestra, temprarli in vista di eventuali concorsi e audizioni».
Paradossalmente, il fatto che un ragazzo lasci l’OFT per progredire su altre strade diventa, ai vostri occhi, un segno gratificante…
«È esattamente così. Purtroppo o per fortuna – non saprei dire – molti dei talenti che abbiamo selezionato negli anni oggi suonano in orchestre più grandi, spesso all’estero. Noi stessi abbiamo il compito di supportarli sempre nel monitorare nuove opportunità di lavoro, nell’indicare loro possibili sbocchi di carriera. Fa parte del progetto».
E cos’altro ha in serbo il progetto 2022?
«L’idea formativa di fondo si amplia e prende sostanza oltre i confini della musica suonata. Abbiamo infatti scelto di offrire ai destinatari dell’iniziativa anche conoscenze che riguardino gli ambiti amministrativo-manageriale e della comunicazione».
Perché?
«Siamo partiti dall’osservazione del nostro microcosmo: in OFT lavorano varie figure, ognuna con una specializzazione diversa, e tutte queste competenze insieme contribuiscono a comporre la figura dell’artista, del musicista moderno. Non se ne può non tener conto».
Che effetto fa, su uno strumentista, il confronto con argomenti apparentemente distanti dalla musica?
«Suscita grande interesse. Capire quali siano i meccanismi che regolano l’industria musicale, quali sforzi ci siano dietro l’allestimento di un concerto o di una stagione, quanto conti la capacità di autopromuoversi e di promuovere il prodotto artistico in maniera efficace, specie in un’epoca caratterizzata da grande competitività come la nostra, sono aspetti non marginali per qualsiasi professionista del settore».
Materialmente, come si sviluppa il progetto Giovani?
«Il fulcro sono i concerti inseriti nel calendario dell’OFT e prevede una decina di incontri con esperti dei singoli campi, più spesso presenti nel nostro staff. Non abbiamo la pretesa di creare dei corsi di alta specializzazione, ma di fornire un’infarinatura che rappresenti anche un incentivo ad essere curiosi».
La curiosità come motore dell’industria dello spettacolo è, per voi, un dato di fatto, anche a giudicare da un’offerta concertistica strutturata in capitoli a tema, con le prove aperte al pubblico…
«Da anni ormai la nostra proposta si presenta come un grande contenitore che racchiude, all’interno, una serie di contenitori più piccoli, tutti da scoprire. Il concerto va letto come uno stimolo a mettere in circolo varie suggestioni emotive».
Se è vero – come dicono alcuni – che il rito del concerto standard è in crisi, questa sembra una risposta…
«Forse sì. Il pubblico che partecipa alle nostre prove apprezza molto quell’atmosfera informale che allevia il senso di soggezione e non implica alcuna diminutio nei contenuti musicali. Ed è un fatto che negli ultimi anni la presenza di ascoltatori under 35 ai nostri concerti si sia quintuplicata. Forse siamo sulla strada giusta».
Stefano Valanzuolo