Il 24 gennaio, per l’appuntamento di Rai NuovaMusica dedicato a Tan Dun e da lui diretto, il percussionista Simone Rubino si esibirà come solista in The Tears of Nature, concerto per percussioni e orchestra. Il pezzo vedrà impegnato il solista con una spettacolare varietà di strumenti.
Maestro Rubino, a partire dal Novecento lo spazio riservato in orchestra ai percussionisti si è via via allargato, accogliendo spesso strumenti non convenzionali (sirene, campanacci, macchine da scrivere…). Anche Tan Dun ha fatto ricorso in più occasioni, in particolare nella sua musica organica, a materiali sonori insoliti come acqua e carta; nel caso di The Tears of Nature, sceglie di dare inizio al pezzo con il suono delle pietre. Come si “impara” a suonare questi strumenti non convenzionali?
La bellezza degli strumenti non convenzionali è che non ci sono regole, non ci sono tecniche. Con le pietre così come con altri materiali si deve sperimentare e sviluppare una propria tecnica. Tra gli strumenti non convenzionali non ne ho uno preferito, mi affascinano molto quelli che fanno parte della cucina; in cucina ci sono tanti materiali diversi che hanno dei suoni meravigliosi, come il legno, il metallo, la porcellana, il cristallo. Mi piace essere in cucina non solo per cucinare ma anche per sperimentare tutti questi strumenti, di cui adoro la complessità e la varietà.
Le percussioni hanno un grande fascino sonoro e visivo che Tan Dun sfrutta. Possiamo dire che questo pezzo è da ascoltare sia con le orecchie sia con gli occhi?
L’aspetto visivo delle percussioni in generale ha un ruolo fondamentale. Quando suoniamo le percussioni non facciamo uno show, un’esibizione: la bellezza di questi strumenti sta nel fatto che hanno una naturalezza nell’esprimere la musica attraverso il corpo. Questo sarà evidente nel terzo movimento del concerto di Tan Dun che prevede varie cadenze molto virtuosistiche ma anche nel primo movimento, dove viene espressa la brutalità della natura attraverso i timpani. Il concerto, inoltre, è introdotto da una danza pensata dal compositore per far raggiungere al solista la prima posizione, dove suonerà i timpani: dal centro il solista deve danzare con le pietre attraverso la musica dell’orchestra fino alla sua posizione e solo allora ci sarà il vero inizio del primo tempo.
Come altri lavori di Tan Dun, anche The Tears of Nature propone una riflessione sul rapporto, a volte conflittuale, tra uomo e natura. Dal suo punto di vista, in che misura una composizione musicale può trattare un problema così urgente?
Penso che la musica abbia una potenza incredibile. Noi possiamo influenzare la gente attraverso le emozioni che suscitiamo con la musica. Sotto questo punto di vista è difficile dire fino a che punto ci può aiutare una composizione per questo tema molto complesso. Forse la musica ci può aiutare ad essere più coscienti e di conseguenza a compiere nuove azioni, con le quali ottenere diversi risultati.
Liana Püschel