BAME è un acronimo formato dalle iniziali di Black, Asian, Minority Ethnic, in altre parole è un modo spiccio per definire nel Regno Unito le persone che non si sentono “bianche”.
A Londra quasi il 40% della popolazione è BAME, ma in alcuni quartieri di città di provincia come Birmingham la percentuale vola oltre il 90%. Proprio in uno di questi quartieri-ghetto di Birmingham, dove la quasi totalità dei giovani è figlia di immigrati di seconda e terza generazione, è nato nel 1990 Alpesh Chauhan, da genitori indiani arrivati in Inghilterra negli anni Settanta dal Kenya e dalla Tanzania.
Chauhan è cresciuto in un mondo nel quale impugnare un violoncello e suonare Le Sacre du Printemps di Stravinskij, come ha fatto da ragazzo nell’Orchestra giovanile della prestigiosa City of Birmingham Symphonic Orchestra (l’orchestra da cui proviene Simon Rattle, per capirci), rappresenta ancora oggi la vera diversità. Ma è anche un mondo che sta cambiando, e piuttosto rapidamente, nel quale le nuove generazioni portano una ventata di rinnovamento, di allargamento degli orizzonti, di apertura alla diversità anziché un arroccamento difensivo sulle proprie identità.
Già direttore principale della Filarmonica Arturo Toscanini di Parma e fresco direttore ospite principale dei Düsseldorfer Symphoniker, Chauhan ha avuto tra le altre cose la fortuna d’incontrare sulla sua strada un maestro vitale e combattivo come il regista Graham Vick, che nel 2020, poco prima di scomparire, lo volle come direttore musicale della Birmingham Opera Company, un eccezionale progetto artistico che unisce il rigore e il rispetto del testo all’inclusione di persone del tutto estranee alla tradizione del dramma musicale occidentale. Vick partiva dal principio che in una città come Birmingham, specchio delle contraddizioni e delle fantastiche opportunità offerte dal mondo globalizzato, pubblico e artisti della più varia estrazione potevano incontrarsi su un terreno più alto di umanità anche all’interno della forma dell’opera, costruendo in oltre vent’anni di lavoro insieme a professionisti e volontari a volte ignari della scrittura musicale spettacoli con titoli difficilmente avvicinabili per molti teatri stabili, come la Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Sostakovic, il Wozzeck di Alban Berg, il Ring di Wagner.
L’energia e l’apertura mentale di Chauhan, frutto della ammirevole capacità del mondo anglosassone d’incanalare in maniera positiva le migliori risorse di ogni angolo della terra, si rispecchiano anche nei programmi dei suoi concerti, come quello che dirigerà all’Auditorium Arturo Toscanini giovedì 31 marzo (ore 20.30) e venerdì 1 aprile (ore 20), con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai.
La prima parte è dedicata alla scuola viennese del primo Novecento, con uno sbalorditivo capolavoro come la Passacaglia op. 1 di Anton Webern, che nel 1908 rivelava al pubblico uno stile totalmente nuovo di concepire il rapporto tra forma e colore orchestrale, e l’altrettanto stupefacente Concerto per violino e orchestra di Alban Berg, un lavoro che rappresenta una sintesi toccante e angosciosa di un intero mondo in procinto di sfaldarsi e perdersi nella memoria. Solista è la violinista tedesca Veronika Eberle, della quale basterebbe ricordare il debutto a sedici anni al Festival di Pasqua di Salisburgo nel 2006 con Simon Rattle e i Berliner Philharmoniker, interpretando niente meno che il Concerto di Beethoven. Del resto la precoce Veronika Eberle, oggi una delle più affermate violiniste del nostro tempo, non poteva avere miglior stimolo a crescere artisticamente, a perfezionare il proprio talento, a mettersi costantemente alla prova che iniziare lo studio dello strumento in una classe del Conservatorio di Monaco dove doveva confrontarsi quotidianamente con compagne diventate altrettanto famose come Arabella Steinbacher, Lisa Batiashvili, Julia Fischer.
Nella seconda parte, invece, Chauhan torna all’amato repertorio russo del Novecento con la Quinta sinfonia di Prokof’ev, scritta nel giro di un mese nell’estate del 1944, quando ormai la vittoria dell’Armata rossa sulle truppe naziste era solo questione di mesi. Dopo tanta angoscia e sofferenza nei lunghi anni di guerra, Prokof’ev sentiva rinascere dentro di sé un prepotente desiderio di vita e di speranza, ingredienti perfetti per alimentare l’estro e la voglia di far musica di un giovane direttore aperto al nuovo come Alpesh Chauhan.
Oreste Bossini