Avi Avital: il mandolino con una voce contemporanea

Non capita tutti i giorni di ascoltare un concerto per mandolino in una rassegna dedicata alla musica contemporanea. Quando pensiamo al mandolino, istintivamente ci vengono in mente Vivaldi e i trionfi del barocco, oppure le tantissime sfumature della cultura popolare: Napoli, certo, ma non solo, visto che la presenza di questo strumento è documentata (seppur con piccole varianti) in tutta Italia e visto che, nel corso della sua storia, il mandolino ha viaggiato moltissimo, raggiungendo angoli di mondo remoti e impensabili. Si tratta però sempre di una voce legata al ricordo, alla tradizione, al perpetuarsi di una memoria. Invece Rai Nuova Musica, l’appuntamento nato per esplorare i tanti linguaggi della contemporaneità, nell’edizione 2020 ci sfida a scoprire una nuova voce del mandolino: una voce di oggi, che ben conosce le radici, ma che non teme di sperimentare nuove tecniche e nuove possibilità espressive. Protagonista di questa “ribellione” sarà uno tra i massimi interpreti mondiali dello strumento: l’israeliano Avi Avital, che giovedì 30 gennaio (ore 20.30) si esibirà all’Auditorium Toscanini in veste di solista, con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, guidata per l’occasione dal direttore Ryan Bancroft.

Avital (classe 1978, originario di Be’er Sheva) sembra nato per scardinare i cliché. Convinto sostenitore e divulgatore del mandolino “contemporaneo”, finora ha già affrontato un centinaio di nuove composizioni scritte per il suo strumento. E, pur essendo un acclamato interprete del repertorio barocco, non ha mai avuto paura di cimentarsi con generi diversi, andando là dove l’esperienza personale e l’humus geografico lo hanno di volta in volta condotto. «Nella mia storia si incontrano tante tradizioni – ci racconta –. Sono figlio di ebrei sefarditi marocchini, ma, crescendo in Israele, ho avuto vicini di casa di origini irachene, polacche, russe e statunitensi. Fin da ragazzo ho potuto incontrare la musica persiana e frequentare il repertorio klezmer».

Poi il jazz e Leonard Cohen hanno fatto il resto. Insomma, Avital è erede di un melting-pot musicale da cui ha attinto un’inesauribile curiosità, insieme con la convinzione di avere tra le mani uno strumento dalle potenzialità ancora inesplorate. «Vorrei riportare il mandolino nelle sale da concerto, restituendogli il posto che si merita e che per molto tempo gli è stato negato. Ma perché questo sia possibile bisogna costituire un repertorio di qualità. E riattivare quel circuito virtuoso tra compositore, strumentista e strumento, che da sempre muove la crescita musicale».
A proposito di strumento, Avital suona un mandolino costruito dal liutaio israeliano Arik Kerman, con cui collabora da 25 anni: «A differenza degli strumenti storici, che ovviamente erano concepiti per ambienti più piccoli, questo mandolino è fatto per adattarsi alle grandi sale da concerto».
Nella serata del 30 gennaio, Avital eseguirà, tra l’altro, un brano che porta impressa la cifra di un incontro: il Concerto per mandolino e orchestra scritto dal violoncellista e compositore Giovanni Sollima. «Non è semplicemente un concerto per mandolino – dichiara Avital – È un concerto per me».

È vero: i due artisti hanno recentemente intrapreso un progetto in duo, iniziato la scorsa estate con il Festival “I suoni delle dolomiti”, ma presto ampliatosi fino a diventare un lungo tour. E hanno scoperto molte affinità. Del resto, i punti di contatto non mancano. Come Avital, Sollima, palermitano, è cresciuto in una “koinè mediterranea”, è irresistibilmente attratto dalla novità e insofferente verso la concezione della musica a compartimenti stagni. E poi, pur nella diversità, «il mandolino, col suo procedere per quinte, ha alcuni tratti comuni agli strumenti ad arco – ricorda Sollima –. Durante i nostri incontri, elaborando gli spunti che ciascuno dei due tirava fuori dal proprio bagaglio musicale, sono scaturiti alcuni dei temi poi confluiti nel concerto».

La composizione sembra rendere tangibile quell’idea di musica “contemporanea temporaneamente”, che ha dato il titolo a una trasmissione andata in onda pochi mesi fa su Radio3: protagonista il maestro Sollima, in dialogo con Valentina Lo Surdo. «Questa espressione – ci racconta Sollima –  semplicemente intende esprimere che anche il concetto di contemporaneo, quando si lega troppo a un linguaggio, finisce per diventare un’etichetta, una gabbia, qualcosa di già superato. Il senso sta invece in una circolarità capace di abbracciare tutto: il presente e il passato (perché quando lo tiriamo fuori dalle biblioteche e lo facciamo rivivere, quel passato diventa attuale), ma anche il canto popolare, nel suo essere la superficie di una lingua, e i tanti suoni che incontriamo per strada». Ecco perché nel Concerto per mandolino «si sentono melodie ispirate a Henry Purcell ed echi scozzesi, accanto a temi di tutt’altra natura».

Oltre a questo lavoro, che si annuncia affascinate, la serata del 30 gennaio offrirà al pubblico diversi spunti di interesse: il Concerto per mandolino e orchestra d’archi di Avner Dorman (anch’egli, come Avital, espressione di una feconda generazione di musicisti israeliani) e l’opera, proposta in prima esecuzione italiana, Masaot/Clocks without Hands dell’austriaca Olga Neuwirth. Inoltre, ad inaugurare da una prospettiva inedita l’anno di celebrazioni per il 250° anniversario della nascita di Beethoven, ci sarà l’Ipervariazione sul Rondò a capriccio op. 129 scritta da Stefano Pierini: una prima assoluta che stimola e incuriosisce.

Lorenzo Montanaro