All’Auditorium Rai di Torino, il concerto del 6 giugno ore 10,30 impegna l’ensemble Geometrie Variabili in un programma cameristico dedicato alla figura Stravinskij, a cinquant’anni dalla morte. Per l’occasione abbiamo intervistato Francesco Pomarico, primo oboe dell’OSN Rai.
Maestro, da molti anni è primo oboe all’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai e a questo ruolo affianca anche l’attività di direttore musicale. In quest’ultima veste sarà infatti impegnato in un programma cameristico. Lei come percepisce il passaggio dalla musica sinfonica a quella da camera?
«Sono due discipline molto diverse. La musica sinfonica può presentarsi anche come musica da camera “allargata”, ma quest’ultima rimane sempre marcata da un approccio più personale, intimistico. Si esprime attraverso il confronto delle personalità degli esecutori, diversamente da quanto accade in orchestra, dove la professionalità consiste anche nel seguire il volere del direttore, malgrado ci si possa trovare in disaccordo. Con questo programma, e in particolare per il Dumbarton Oaks, una persona che coordina può essere d’aiuto, ma sempre nell’ottica di una collaborazione diretta con i musicisti. L’idea non è tanto quella di sentirsi “il direttore”, quanto un componente che svolge il suo compito all’interno dell’ensemble».
Il programma recita “in memoria di Igor Stravinskij”. Come sostiene Enzo Restagno il russo è uno di quei compositori che si trovano sospesi fra la vita e la storia: da una parte appartiene al passato ma dall’altra è troppo “giovane” per dirsi superato. In questa fase delicata, cosa immortalare di lui?
«Sicuramente il suo pensiero visionario, non condiviso da tutti all’inizio, quando ancora la musica si considerava circoscritta all’interno di certi canoni. Canoni che Stravinskij stesso ha sfondato creando sbalordimento e persino disgusto. Certamente nella sua musica non si sente odore di “stantio” ed è ancora fonte di ispirazione per le nuove generazioni di compositori».
Fra i diversi brani che verranno eseguiti, l’Ottetto per strumenti a fiato è paradigmatico della produzione del compositore. L’intento di Stravinskij era creare un’opera emotivamente compiuta “in sé stessa”, che non necessitava di ulteriori interpretazioni. Cosa può dire a riguardo?
«Riporto un aneddoto che mi è stato raccontato da un musicista, il quale ha avuto la fortuna di lavorare con Stravinskij. Mentre il compositore dirigeva le sue musiche, l’orchestrale chiese come interpretare un passaggio. Ricevette questa risposta: “Lei non deve interpretare proprio nulla, ho già scritto tutto io!”. Alla fine, è tutto talmente ben scritto e articolato che si tratta solamente di renderlo tecnicamente coerente. Con Stravinskij l’abilità sta proprio in questo».
È veramente possibile, quindi, lasciar emergere solo ciò che il pezzo è nella sua purezza? Come dire, farsi da parte nell’interpretazione?
«Direi proprio di sì. Grazie all’esperienza da orchestrale ho avuto modo di notare che i migliori interpreti di Stravinskij sono quelli che si attengono al cercare di rendere facile una partitura difficile, attraverso gesti chiari e precisi. Non c’è spazio per la creatività individuale come in Brahms o Beethoven. Credo sia un fattore altamente tecnico, un banco di prova impegnativo per ogni direttore. E comunque, è un farsi da parte relativo… nel senso che anche farsi da parte è una forma di attività»
Mi conceda una domanda di rito sull’esperienza senza pubblico…
«È difficile suonare senza pubblico. Per fare un parallelo è come cucinare del nutrimento senza poi consumarlo. La musica per me ha senso di esistere quando è un microcosmo che si crea e si distrugge nell’arco di un concerto. Anche per quanto riguarda i dischi prediligo le registrazioni dal vivo; diciamo che non sono un grande amante dei prodotti “da laboratorio”! Li reputo per certi versi un “mostro di Frankenstein”, con i pezzi migliori delle varie parti. Il futuro della musica è sempre e comunque il pubblico. Come accade per il corpo: le imperfezioni ne esaltano la bellezza».
In coda Maestro, può dirci ancora qualcosa sull’ensemble Geometrie Variabili che andrà a dirigere?
«L’ensemble, che già avevo in mente di costituire alla fine degli anni Novanta, esiste con l’attuale fisionomia dalla prima edizione di Rai NuovaMusica del 2004, cartellone nel quale abbiamo una presenza costante. I membri sono colleghi dell’OSN Rai ed è sempre un vanto e un onore poter lavorare con loro: anche per la messa in opera di questo programma hanno dato prova di grande professionalità e dedizione, soprattutto considerando il poco tempo che ci lascia l’impegno da orchestrali!»
Elia Colombotto