Il primo settembre 2019 Hilary Hahn, alla fine di una stagione massacrante di concerti e di impegni su ogni fronte della sua molteplice attività, decideva di annullare tutti i contratti del 2020/2021 e di prendersi un anno sabbatico. «Sono pronta a fare un passo indietro e a tirare i remi in barca. – scriveva sui suoi profili social annunciando la sua decisione – Sono pronta a dormire, a fare una vita regolare, a passare il tempo con le persone che non ho avuto attorno negli ultimi tempi, e a riscoprire me stessa. Forse prenderò i ferri e farò un maglione. Chi lo sa».
La violinista americana non immaginava quanto fossero profetiche le sue parole, e come la pandemia, nel giro di pochi mesi, avrebbe costretto tutto il mondo della musica a prendersi un anno sabbatico dal quale stiamo uscendo lentamente solo adesso. In altre parole, Hilary Hahn ha dimostrato una volta di più di saper scegliere il tempo in maniera perfetta. Non ha mai sbagliato un colpo, questa ragazza di Baltimora, da quando a soli quattro anni, passando con il papà davanti a una sede periferica del Peabody Conservatory, ha sentito un ragazzino poco più grande di lei grattare sul violino Twinkle Twinkle Little Star e ha deciso che avrebbe voluto suonare anche lei.
Da lì in poi è cominciata una sbalorditiva corsa contro il tempo, per vedere se era più veloce il corpo a crescere o il suo immenso talento a sbocciare. A dieci anni era pronta per il primo recital in pubblico, a undici per il primo concerto con l’orchestra, a tredici per essere ammessa al Curtis Institute di Philadelphia, una sorta di Cambridge della musica dove però, a differenza delle grandi università americane, studiare non costa nulla (e se non hai abbastanza soldi per affittare un appartamento il Curtis si fa carico anche di vitto e alloggio) ma si entra solo quando si libera un posto, dopo una selezione micidiale di giovani musicisti provenienti da tutto il mondo.
Il suo primo disco, a diciannove anni, è stata l’integrale delle Sonate e Partite di Bach, un monumento che in genere i violinisti affrontano solo nella maturità. Quel disco del 1999, che ha ricevuto una caterva di premi, è ancora oggi un punto di riferimento per l’interpretazione di Bach. Oggi Hilary Hahn, dopo aver scelto il tempo perfetto anche per fermarsi a riflettere e a rinfocolare la sua ardente passione giovanile per la musica, riparte con un suo vecchio cavallo di battaglia, il Concerto per violino e orchestra di Jean Sibelius, con il quale aprirà la nuova stagione di concerti dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai il 21 (ore 20.30) e 22 ottobre (ore 20), all’Auditorium “Arturo Toscanini”, insieme al direttore emerito Fabio Luisi.
Il Concerto di Sibelius, registrato con Esa-Pekka Salonen nel 2008 insieme al Concerto di Schönberg, è stato uno dei primi amori di Hilary Hahn, che ne aveva dato una memorabile interpretazione a soli sedici anni con quel superbo maestro di stile e colore orchestrale che è stato Lorin Maazel. Era uno spettacolo vedere quella ragazzina coraggiosa e determinata, come la Jo di Piccole donne, affrontare a viso aperto il burrascoso mare sinfonico di Sibelius, governato con mano sicura da Maazel, pronto a scatenare e a placare la tempesta a piacimento, senza che la sua giovane eroina manifestasse il minimo tremore d’arco o pavidità di suono. La tecnica scintillante di allora è rimasta intatta, ma adesso Hilary Hahn porta nella musica un’intensità e una tavolozza di colori che sono il frutto di un’esperienza ormai da veterana, malgrado la carta d’identità e la bellezza diafana e arcana dicano il contrario.
Il sodalizio tra l’OSN Rai e la violinista americana, tuttavia, non finisce qui, perché prosegue con la tournée in Germania diretta da Robert Trevino che tocca le sedi delle tre orchestre sinfoniche sorelle della Nordwestdeutscher Rundfunk, Francoforte il 26 ottobre, Colonia il 27 e Amburgo il 28. In altre parole, Hilary Hahn si fa trovare pronta, come sempre, anche nel momento della rinascita della musica dal vivo. Chissà se alla fine avrà fatto il maglione oppure no.
Oreste Bossini