Krassimira Stoyanova è senz’altro una delle grandi interpreti verdiane del nuovo millennio. La sua voce morbida e piena, corposa nel registro basso e luminosa negli acuti, si adatta in maniera perfetta a quell’ideale eroico amoroso incarnato nelle grandi figure femminili del teatro di Verdi come Amelia, Elisabetta, Desdemona, Aida, in una stagione tra l’altro piuttosto avara di veri soprani drammatici. La signora Stoyanova primeggia anche in altre zone del repertorio italiano, come Puccini per esempio, soprattutto Turandot, ma anche il Donizetti tragico di Anna Bolena e Maria Stuarda, e anche in alcuni titoli outsider del secondo Ottocento come La Wally di Catalani e Il Guarany di Antonio Carlos Gomes. Da quando il baricentro della sua attività si è spostato in Austria, dove è stata insignita del prestigioso titolo di Kammersängerin dell’Opera di Vienna, l’artista bulgara si è avvicinata quasi inevitabilmente al teatro di Strauss, interpretando tra l’altro la Marescialla in un magnifico allestimento del Rosenkavalier, ambientato in un elegante scenario da Belle Époque, al Festival di Salisburgo del 2014. Proprio a partire da qui, da quel capolavoro di malinconia per l’inarrestabile azione corrosiva del tempo che è l’opera nata dal sodalizio di Hoffmannstahl e Strauss, nasce il programma del concerto dell’Orchestra Nazionale della Rai, diretta dal sempre amato Jurai Valčuha. Attorno al grande monologo della Marescialla, che alla fine del primo atto cerca inutilmente di spiegare al giovane e focoso amante le ragioni della sua inquietudine per l’inevitabile stingersi dei sentimenti, si aggregano altre due pagine importanti del teatro tedesco d’inizio Novecento, il Vorspiel zu einem Drama, che sarebbe la versione da concerto del Preludio dell’opera di Franz Schreker Die gezeichneten (I predestinati), e la parte finale della Salome di Strauss, compresa la celeberrima Danza dei sette veli, un’opera che la signora Stoyanova non ha ancora interpretato in teatro. Sono musiche, tutte comprese nell’arco di una decina d’anni, che appartengono alla stessa epoca e a un’idea di modernità spazzata via dal turbinoso vento della Storia con lo scoppio della Grande Guerra. Per rendersene conto, basta ascoltare la Prima, folgorante Sinfonia di Sostakovič, scritta da un prodigioso ragazzo di vent’anni come prova d’esame del Conservatorio nel 1926, in mezzo al ribollente caos della nuova Russia sovietica. Siamo in un altro mondo, un mondo agile e scattante, animato da gente che non ha tempo per meditare e contorcersi in erotismi decadenti, ma va di fretta per costruire l’utopia dell’avvenire.
Oreste Bossini