Misterioso, virile, virtuosistico: ecco il mio Concerto per viola e orchestra di Bartók
Intervista a Luca Ranieri

Uno degli ingredienti per la buona riuscita di una stagione di concerti è l’equilibrio tra pagine sinfoniche, in cui l’orchestra è protagonista assoluta, e brani in cui alla compagine orchestrale si affianca un solista. Il decimo concerto dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai (16 e 17 gennaio) offre un ottimo esempio di questa combinazione.

Il programma si apre con il preludio orchestrale al dramma I predestinati di Schreker, uno di quegli autori cancellati dal nazismo, al cui recupero James Conlon si sta adoperando da anni, e prosegue esibendo ben due solisti. Uno è il baritono Matthias Goerne, oggi tra i massimi interpreti del repertorio liederistico, impegnato per l’occasione in sei canti del mahleriano Wunderhorn; l’altro, Luca Ranieri, prima viola dell’Orchestra Rai, qui solista nel Concerto per viola e orchestra di Bartók.

La valorizzazione delle prime parti, per altro, non è certo una novità, perché già lo scorso ottobre, nella serata inaugurale, l’OSN Rai aveva esibito un “gioiello di famiglia”, il primo violino Roberto Ranfaldi, e nel prossimo febbraio Alessandro Milani e Ula Ulijona interpreteranno la Sinfonia concertante di Mozart per violino e viola.
«Il Concerto di Bartók – riflette Ranieri – inizia con il canto profondo e struggente della viola sola, uno strumento il cui timbro può essere molto vicino a quello della voce umana. In una lettera a William Primrose, il dedicatario del Concerto, Bartók parla del “carattere cupo” dello strumento e per me cupo vuol dire scuro, misterioso (la viola è uno strumento misterioso!); ma poi aggiunge “virile”, a significare che la gamma esplorata dal compositore è quanto mai ampia. Di tutto ciò deve tener conto l’interprete: del carattere misterioso e insieme virile, del passaggio tra il registro grave a quello acuto e sovracuto, inclusi gli armonici, dell’intenso lirismo dei passi cantabili e del virtuosismo di quelli veloci, specialmente nel finale, dove emerge tutto l’amore di Bartók per il canto popolare e per i trascinanti ritmi di danza».

Insomma, doveva essere davvero bravo Primrose…
«Non c’è dubbio. Ho riascoltato di recente alcune sue incisioni, trovando un interprete strabiliante per tecnica e attualissimo nell’interpretazione. Altro che “vecchia scuola”, come invece sostiene qualcuno!»

Prima viola dell’OSN Rai, solista e anche membro del Nuovo Trio Italiano d’Archi, insieme a Alessandro Milani e Pierpaolo Toso, anch’essi prime parti dell’Orchestra Rai. Non deve essere facile tenere tutto insieme…
«Con Alessandro e Pierpaolo abbiamo voluto rifondare un paio di anni la formazione storica di Gulli, Giuranna e Caramia. Il Trio ci sta dando molte soddisfazioni, tra concerti e uscite discografiche. Il recente cd dedicato a due Trii del giovane Beethoven ha riscosso negli Stati Uniti critiche entusiastiche. Ma al di là di ciò, la pratica cameristica (per quanto a volte possa essere difficile trovare il tempo necessario a provare insieme) ha un enorme ricaduta anche sul lavoro in orchestra, in termini di qualità del suono e di capacità di sapersi ascoltare».

Tante ore di lavoro quotidiano, una vita trascorsa insieme, ma la viola continua ad essere “misteriosa” per Luca Ranieri?
«Sì, il margine di mistero è sempre grande. Io nasco violista, ma so bene che la ricerca non si esaurirà mai. D’altra parte è il bello di questo lavoro!»

Nicola Pedone