I miei personaggi femminili evolvono negli anni.
Intervista ad Anna Caterina Antonacci

Sarà La mort de Cléopâtre di Hector Berlioz, uno dei più recenti cavalli di battaglia del soprano Anna Caterina Antonacci, il fulcro del concerto in programma all’Auditorium Toscanini di Torino il giovedì 7 e venerdì 8 marzo con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai diretta da Edward Gardner.
Medea, Carmen, Elle nella Voix humaine, la contessa nel Segreto di Susanna sono alcune delle parti in cui si è calata nelle ultime stagioni a Torino la cantante italiana, esaltata per l’efficacia drammatica e per l’elasticità della voce che le ha permesso, in trent’anni di carriera, di costruirsi un repertorio vastissimo: dal Barocco al Novecento, sia nel registro sopranile sia in quello mezzosopranile.

Qual è il suo approccio ai personaggi e come è cambiato nel tempo?
«I personaggi evolvono costantemente: le mie prime Medea o Carmen non avevano nulla a che vedere con il modo in cui le interpreto oggi. Forse è questo ciò che mi appassiona di più nel mio lavoro: il ritrovare delle donne sempre diverse negli anni. Per quanto possibile, cerco quindi di non aggiungere del mio, ma di fare quasi il ghostwriter».

Com’è Cleopatra nella musica di Berlioz?
«È una regina tormentata dalla vergogna per aver consegnato il paese ai Romani, ma anche dal rimpianto dei bei giorni passati, della giovinezza, di quel tempo in cui la sua bellezza aveva il potere di sedurre e asservire i potenti stranieri».

Quali sono i pregi e in che cosa consiste la modernità di queste pagine?
«Con questa scena lirica per soprano e orchestra il ventiseienne Berlioz si presentò nel 1829 al prestigioso Prix de Rome, dove fu escluso per la terza volta. È un pezzo composto da un visionario, molto moderno ancora oggi, troppo libero per i giudici dell’epoca. Il finale è atipico e il pubblico resta sorpreso per lo stile, per le scelte tonali. È una scena d’opera drammatica, la cui forza innovatrice sta nella potenza espressiva: Berlioz era teatrale in ogni sua pagina, anche in quelle sinfoniche. Qui affida ai timbri orchestrali un commento quasi onomatopeico di ogni gesto e sentimento: come il morso velenoso dell’aspide, o il cuore che batte e si ferma. Tutto diventa palpabile».

Cosa pensa delle recenti tensioni diplomatiche con la Francia, il paese in cui ha vissuto per anni e che l’ha insignita della Legione d’onore?
«Io trovo eccessiva l’idea di aver ritirato momentaneamente l’ambasciatore francese da Roma. Indipendentemente dall’essere d’accordo o meno con il nostro governo, credo che l’Italia meriti una maggiore considerazione».

A Torino Edward Gardner, al debutto sul podio dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, aprirà la serata con Žárlivost (Gelosia), preludio alla Jenůfa che Leoš Janáček avrebbe poi estromesso dalla versione definitiva dell’opera. Chiude il programma la Sinfonia n. 5 in do diesis minore di Gustav Mahler, una delle sue pagine più complesse, che il compositore austriaco avrebbe incessantemente rimaneggiato per tutta la vita.

Edoardo Pelligra