Rai Nuovamusica, l’ampia finestra che l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai dedica alla musica dei nostri giorni, si apre giovedì 31 ottobre.
Sotto i riflettori tre musicisti americani per un programma tutto statunitense: la pianista Simone Dinnerstein, chiamata ad interpretare il Terzo dei concerti per pianoforte di Philip Glass, e sul podio Ryan McAdams, brillante direttore classe 1982. Completano il programma Play, partitura per orchestra del compositore Andrew Norman e The Unanswered Question di Charles Ives.
Un’inaugurazione che già lascia intuire l’organizzazione del palinsesto dell’intera rassegna. Quattro in totale i concerti, nei cui programmi spiccano sia prime esecuzioni assolute, sia prime esecuzioni in Italia. Vasto, inoltre, il panorama, che spazia da un raro e raffinato programma centrato sul mandolinista Avi Avital (l’OSN diretta da Ryan Bancroft) nel quale verranno presentate opere a lui dedicate a firma di Avner Dorman e Giovanni Sollima (il 30 gennaio), agli omaggi a Nono, Donatoni e Mahler.
C’è spazio anche per la modernità: quella di Charles Ives, con il suggestivo Central Park in the Dark (in scena il 13 febbraio), quella di Dmitrij Šostakovič, la cui Quindicesima Sinfonia chiuderà il 2 aprile la rassegna, in una serata in cui spicca il Secondo concerto per violino e orchestra di Jörg Widman eseguito dalla sorella Carolin.
Dunque, un articolato itinerario questo di Rai Nuovamusica 2020, la cui tappa inaugurale avrà per protagonista un’interprete, Simone Dinnerstein appunto, che ha dedicato molta della sua attività proprio alla musica dei nostri giorni, con particolare attenzione a quella prodotta negli Stati Uniti. Nelle sue incisioni, oltre a Bach, cui deve la fama degli esordi, troviamo Aaron Copland e Philip Lasser, con incursioni sia nel mondo della canzone (con la cantante e songwriter Tift Merrit), sia in quello jazzistico.
Il Terzo dei suoi concerti pianistici, del resto, Philip Glass lo ha composto proprio per Simone Dinnerstein, che ne è stata la prima esecutrice, su commissione dell’ensemble A Far Cry, che ne è stato il primo interprete. Il debutto è avvenuto alla Jordan Hall del New England Conservatory of Musica di Boston il 22 settembre del 2017, prima di una lunga serie di esecuzioni, che hanno avuto per protagonista sempre Simone Dinnerstein, e dell’incisione avvenuta nel 2018 per i tipi della Orange Mountain Music. Nell’organico solo gli archi, lasciando così al pianoforte ampio spazio per emergere.
A Boston ha preso forma anche Play, il complesso lavoro orchestrale di Andrew Norman, classe 1979, compositore americano tra i più interessanti nelle nuove generazioni. Composto su commissione del Boston Modern Orchestra Project e diviso in tre movimenti, intitolati “Level”, ha visto la prima esecuzione ancora una volta nella Jordan Hall il 17 maggio del 2013 sotto la conduzione di Gil Rose. L’organico in questo caso è sterminato. Basti dire che, oltre ai ranghi completi dell’orchestra sinfonica, ci sono quattro percussionisti con un ricchissimo strumentario.
Presentando il brano, Andrew Norman chiarisce quanto sia sempre stato affascinato dall’atto fisico del suonare e di come tale gestualità sia potentemente teatrale. Play, infatti, in inglese indica tanto la performance musicale, quanto quelle scenica e da qui l’intento del compositore di dar vita a una partitura che sia sonora sì, ma anche (e con grande energia!) spettacolare.
Completa il programma la già citata The Unanswered Question di Ives. Composta nel 1906 come Central Park in the Dark, fu eseguita per la prima volta solo nel 1941 a New York. Le due partiture sono strettamente legate. Ives, infatti, descrive la prima come «Una contemplazione di un serio argomento», mentre la seconda vuol essere «Una contemplazione di nulla di serio». Nell’introduzione che accompagna la partitura Ives spiega dettagliatamente la parte che ciascun strumento, o ciascuna sezione di strumenti, ha nel brano. Gli archi cantano il “Silenzi dei Druidi – Che conoscono, vedono e non sentono nulla”. La tromba intona “La perenne domanda dell’esistenza”. Al quartetto di flauti tocca la caccia “all’invisibile risposta”, flauti ovvero gli esseri umani. Tale dialogo si conclude con il riproporsi ancora una volta della “Domanda”, per poi spegnarsi, intenzionalmente, nei “Silenzi”, che si ascoltano ancora nell’“indisturbata Solitudine”.
Fabrizio Festa