I suoi genitori, un carpentiere e una baby-sitter, non potevano permettersi uno strumento musicale. Fortunatamente anche a Fort Worth, nel profondo Texas, la musica si poteva studiare a scuola. Così per Robert Trevino iniziò un periodo di formazione forsennato, durante il quale quasi non dormiva la notte per imparare a suonare più di uno strumento.
Oggi è uno dei giovani direttori in maggiore ascesa: è salito sul podio di orchestre come la London Symphony, la Gewandhaus di Lipsia e la National de France; ha inciso un disco con Decca; è direttore musicale dell’Orchestra Nazionale Basca e nuovi incarichi lo attendono in Svezia, a Malmö. Già le sue prime timide esperienze internazionali avevano lasciato il segno: nel 2013, chiamato a sostituire all’ultimo Sinaisky al Bolshoi nel Don Carlo di Verdi, la stampa russa lo inneggiò scrivendo «Non si assisteva a Mosca a un simile successo per un americano dai tempi di Van Cliburn».
Il 16 gennaio Trevino debutta a Torino con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, con un programma interamente dedicato a Richard Strauss (con replica il 17).
Accanto a lui un altro debutto di lusso: il celebre soprano tedesco Dorothea Röschmann che propone i Vier letzte Lieder, l’estremo lascito spirituale e artistico di Strauss. Originaria di Flensburgo, nello Schleswig-Holstein, proprio nelle vesti di liederista ha vinto un Grammy Award per la sua incisione di Schumann e Berg con Mitsuko Uchida al pianoforte, e un Echo Klassik per l’album The Songs of Robert Schumann, insieme a Ian Bostridge.
Classe 1967, oltre vent’anni di luminosa carriera, il suo battesimo musicale è avvenuto al Festival di Salisburgo nel 1995 sotto l’egida di Nikolaus Harnoncourt, che la volle come Susanna nelle Nozze di Figaro di Mozart. I Vier letzte Lieder sono uno dei suoi cavalli di battaglia: li ha cantati con l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia diretta da Antonio Pappano e li ha incisi con Yannick Nézet-Séguin.
Completa il programma del concerto all’Auditorium RAI la Alpensinfonie, maestoso affresco della natura che testimonia il ruolo eccezionale dell’eroe e dell’artista tardoromantico secondo Strauss. Ultimata nel 1915, dodici anni dopo la Sinfonia domestica, la Sinfonia delle Alpi racchiude pagine fortemente evocative, ma anche di grande impegno strumentale, un vero e proprio banco di prova per tutte le grandi orchestre che devono mettere in campo un organico imponente e affrontare una scrittura di vertiginosa difficoltà.
Edoardo Pelligra