Torna alla testa dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Robert Trevino, suo direttore ospite principale. Lo abbiamo incontrato per una chiacchierata sui prossimi concerti in programma.
Maestro Trevino come si sta sviluppando la sua relazione con l’Orchestra? Come si sente a Torino?
«Amo l’Orchestra della Rai e mi son sempre trovato bene con questi musicisti fin dalla prima volta che li ho diretti. Grazie al nostro tour in Germania (con Hilary Hahn, NdA) e agli altri progetti portati a termine di recente abbiamo iniziato a conoscerci reciprocamente assai bene: apprezzo la mia esperienza musicale con questa formazione. Reputo Torino una città magnifica, ricca di storia: ne apprezzo i ristoranti, i caffè storici e i musei. Ogni volta che torno cerco di trovare il tempo per imparare qualcosa di nuovo e apprezzarne aspetti che ancora non conoscevo».
Americascapes, il suo secondo disco con l’Orchestra Nazionale Basca, comprende opere poco conosciute: Before The Dawn (1920) di Howard Hanson, La mort de Tintagiles (1897) di Charles Loeffler, Evocations (1943) di Carl Ruggles e le Variations For Orchestra (1956) di Henry Cowell. Perché ha deciso di incidere i brani di questi autori?
«Per me era molto importante realizzare un disco americano che affrontasse uno dei “cambi di direzione” della musica occidentale colta. L’origine di tale musica, chiaramente, non è un fatto americano: molti grandi compositori americani provenivano dall’Europa e la loro estetica, le loro idee erano di stampo europeo. Ma, arrivati in America, influenzarono la nostra cultura musicale e quindi i nostri compositori incominciarono, a modo loro, a far qualcosa di interessante. Quindi nel disco ho voluto inserire un’ampia gamma di compositori, le cui opere hanno influenzato la traiettoria e lo sviluppo della musica americana e quindi europea».
OSN_Hélène Grimaud Parlando dei suoi prossimi concerti con l’Orchestra Rai: il 10 (alle 20.30) e l’11 marzo 2022 (alle 20) eseguirà in prima italiana Mugarri (scritto nel 2009-10) di Ramon Lazkano, compositore franco/basco contemporaneo, insieme al Manfred di Čajkovskij. Seguirà poi (il 17 marzo alle 20.30 e il 18 marzo alle 20) un concerto più tradizionale che vede in programma brani di Webern Elgar e Schumann con al pianoforte Hélène Grimaud. Ci dica qualcosa di più sulle sue scelte di repertorio…
«I miei programmi con l’Orchestra Rai sono generalmente concepiti per esplorare un repertorio eseguito non molto spesso dalla compagine: Lazkano per esempio è una novità assoluta, ma anche il Manfred è stato poco frequentato. E anche la Prima sinfonia di Elgar manca dalla programmazione da molto tempo… questo spiega l’accostamento solo apparente di novità e tradizione. È interessante per me eseguire queste pagine, ma allo stesso tempo credo che anche l’orchestra apprezzi la mia flessibilità e versatilità nel repertorio… (fa una pausa) beh, almeno spero che sia così! (Ride)».
Lei prenderà parte anche a Rai NuovaMusica (24 marzo 2022, ore 20.30), il bel format da molti anni dedicato alla musica contemporanea. In programma il Concerto per tromba e orchestra di Brett Dean, dal titolo Dramatis personae, e la Danza lenta di CS fra gli specchi di Fabio Nieder. Come ha individuato questi brani? Come immagina la reazione del pubblico?
«Credo che il pubblico sarà senza dubbio soddisfatto e incuriosito da questi pezzi. È noto che io sia molto curioso nei confronti della nuova musica: mi piace scoprire nuovi brani e nuovi autori e autrici. Quindi alla Rai è venuto spontaneo chiedermi di prender parte a Rai Nuova Musica, cosa che ho accettato volentieri. L’Orchestra mi ha offerto una rosa di brani di italiani, da cui ho scelto quello di Fabio Nieder, accostandolo poi a Brett Dean. La mia difficoltà non è di trovare nuova buona musica da eseguire, ma di aver abbastanza tempo per eseguire tutta quella che vorrei!»
Passiamo a qualcosa di completamente diverso. Recentemente lei ha inciso le Nove Sinfonie di Beethoven con l’Orchestra Sinfonica di Malmö. Da studiosa beethoveniana capisco bene il suo desiderio di misurarsi con questo compositore. Ma su Beethoven c’è ancora qualcosa da dire?
«Certamente. (Silenzio). Certo. La musica di Beethoven non è statica, data una volta per tutte, è viva, eterna, immortale. Ma ottiene la propria immortalità solo se viene reinterpretata nel presente. Ogni epoca ha la sua sensibilità e diverse priorità. Per questo continuano a proliferare nuove interpretazioni. È un lavoro importante: essenziale per continuare a renderla viva».
I suoi progetti didattici di recente includevano una residenza alla Royal Academy of Music. Che cosa pensa delle nuove generazioni di ascoltatori e ascoltatrici? Sono interessati alla musica classica? A che generi?
«C’è un immenso interesse nei confronti della classica da parte dei più giovani. Però, è vero, non si vedono molto spesso a concerto. Come mai?»
È una domanda da porsi…
«Ma questa è un’altra questione. Le persone sono complicate: perché se ti piace il rock’n’roll allora non è detto che non ti possa piacere anche il jazz o la classica. Non è che se preferisci la carne allora non mangi le verdure… non funzionano così gli esseri umani. I giovani amano la musica classica, magari quella più vigorosa, spigolosa, magari non amano Mozart, o determinati generi, o forse sì. La nostra cultura è fatta – non intenzionalmente, intendo – per intimidire le persone, a volte. E il sottinteso è che lo faccio perché sono migliore di te: riconosco me stesso come grande se intimidisco gli altri. Io però non la vedo così…»
Questo è il punto! Nessuno ha voglia di essere intimidito/a, soprattutto quando fa qualcosa che dovrebbe procurargli/le piacere.
«Invece le persone sono felici di essere messe alla prova. Esser sfidati è ok».
In conclusione: quali piani ha per il futuro?
«La prossima stagione ho alcuni progetti interessanti con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai: ottimi solisti, nuovo repertorio e altre tournée».
Benedetta Saglietti