A 150 anni dalla scomparsa, il genio pesarese viene celebrato in tutto il mondo e il Festival di Primavera dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai gli viene dedicato proprio nell’ottica dell’eredità che ha lasciato, segno di una influenza imperitura nel mondo musicale. Il programma della rassegna infatti – che prende il titolo di Rossini e dintorni – risulta ancora più interessante se si considerano le opere dei due autori – pure ben diversi tra loro – che a Gioachino Rossini si sono pienamente ispirati, volendolo omaggiare: Benjamin Britten e Ottorino Respighi.
«Sono i 150 anni, sottolinea il direttore artistico Ernesto Schiavi, un anniversario fondamentale. Il festival vede Rossini sotto diverse angolazioni». Quattro più due, per la precisione. Si inizia il 7 con lo Stabat Mater, capolavoro della maturità, scritto all’alba del lungo periodo di sonno creativo che caratterizzerà l’ultima parte della sua vita. Spesso adombrato dalla più nota Petite messe solennelle, lo Stabat rossiniano mantiene uno spirito austero ma non è privo dei guizzi ironici e leggiadri tipici del compositore. Diretto da James Conlon, con Ciro Visco maestro del coro, ha un cast di stelle soliste. Si prosegue il 15 con alcune arie dalle opere più famose (col basso-baritono Luca Pisaroni) e le due suite (Soirées musicales e Matinées musicales) su musiche á la Rossini scritte da un giovane Britten come esercizio di stile, divertimento imitativo in cui sembra di sentire il compositore italiano all’opera in pieno Novecento. Il 21 giugno è il momento del Rossini più noto, con Enrico Dindo che dirige alcune ouverture; ed è un Rossini al quadrato, visto che la celebrazione che ne fa Respighi con la sua Boutique fantasque è una sorta di monumento mobile. La musica di cui il balletto di Léonide Massine si avvalse è la riproposizione orchestrale coloratissima di alcuni brani pianistici di Rossini (i Péches de vieillesse), ove risalta tutto lo spirito eclettico e parodistico del compositore, diventando così una parodia – rispettosissima – della parodia.
Si conclude il 28 con una versione semiscenica, con brani scelti tratti dal Barbiere di Siviglia a opera di Francesco Micheli. Non sappiamo come sarà realizzata, ma dobbiamo aspettarci «qualcosa di sorprendente», promette Schiavi: «L’ultimo concerto è una lettura originale, con riscontri letterari di altre epoche. Starà tutto nell’improvvisazione di Micheli, una forma semiscenica particolare con i personaggi che cambieranno costumi». Micheli, accompagnato dai musicisti dell’Accademia del Teatro alla Scala, interverrà in scena recitando anche un suo testo da narratore, a suo modo rammentando quanto il lavoro di Rossini costituisca la pietra angolare di un certo modo di fare l’opera buffa. Gli fa eco Schiavi: «Non dimentichiamo che Rossini è stato un caposaldo dell’Ottocento a livello internazionale, Rossini ha reinventato una forma di comicità al punto che è stato imitato nella sua epoca e ancora oggi: le Suite di Britten sono un bello specchio rossiniano e lo stesso Respighi trascrittore si è reso autore di un gran divertimento. Geni di questa portata sono un’ispirazione inevitabile».
Federico Capitoni