Tris di donne per Rai NuovaMusica

«La musica esiste perché permette di spiegare cose che non si possono spiegare con le parole». Una constatazione illuminata e universale, vera in ogni tempo, anche il nostro, anche per la “nostra” musica. Tra virgolette, perché la musica contemporanea non la si può definire tanto semplicisticamente “nostra”. Ma ha molte più chance di diventarlo a tutti gli effetti se ce la trasmettono interpreti veri, capaci di spiegarsi benissimo (anche) senza le parole. Rai NuovaMusica, dedicando l’edizione 2018 al violino, in tre settimane mette in fila un tris di donne tutte di questa specie: grandi personalità con storie e caratteri affascinanti, dotate di quello spessore che consente di affrontare con medesima consapevolezza il repertorio del passato e l’avanguardia.

Si comincia con Patricia Kopatchinskaya (cui dobbiamo l’affermazione d’esordio), una delle voci più eterodosse della scena musicale degli ultimi anni, nata in Moldavia nel 1977 e famosa per la sua abitudine di suonare sempre scalza. «Gran parte del pubblico cerca il nitore della perfezione, vuole sul palco una torta ben guarnita e preconfezionata; ma io non porto torte, porto gli ingredienti e cucino sul palco. Può non venire tutto perfetto, ma in fondo abbiamo bisogno di errori per ripensarci e trovare nuove strade». Dal suo violino Pressenda del 1834 (made in Torino) scaturirà il Concerto scritto nel 1992 da György Ligeti: l’incisione che ne ha realizzato nel 2013 è stata giudicata la migliore dell’anno da «Gramophone» e ha vinto il premio di Echo Klassik.

RAI AkikoDall’Europa Centro-Orientale ci spostiamo in Estremo Oriente per incontrare Akiko Suwanai, giapponese del 1972, la più giovane violinista di sempre a vincere il Concorso Čajkovskij (era il 1990). Assente a Torino da oltre 15 anni, ha una fama di technicienne impeccabile e un ventaglio timbrico estremamente variegato. Dal suo Stradivari “Dolphin”, lo strumento che fu di Jascha Heifetz, si ascolterà il Concerto composto nel 2009 da Esa-Pekka Salonen, che promette di coprire il più ampio raggio espressivo: «dal virtuosismo più rutilante a un approccio aggressivo e brutale, dal clima meditativo a quello nostalgico e autunnale».

La triade di violiniste d’eccezione si chiude con Viktoria Mullova. Personaggio dalle molte sfaccettature, anche lei medaglia d’oro al Čajkovskij nel 1982, fuggì dall’Unione Sovietica poco più che ventenne l’anno seguente per intraprendere una carriera internazionale che ha pochi termini di paragone per successo e ampiezza di scelte musicali. Molto Bach (da sempre), i russi, la contemporanea ma anche collaborazioni che l’hanno portata a sconfinare nel jazz e nel pop o nella musica brasiliana, come con l’ultimo progetto discografico, Stradivarius in Rio. Dietro a questi “fuori pista” c’è la mano dell’attuale marito, il violoncellista e arrangiatore Matthew Barley, con cui condivide anche l’esecuzione di At Swim-Two-Birds, commissionato a Pascal Dusapin e debuttato in prima assoluta ad Amsterdam il 30 settembre 2017. Simone Solinas