Quando al Metropolitan di New York il 28 novembre del 1909 Sergej Rachmaninov porta al debutto il Terzo dei suoi concerti per pianoforte, Šostakovič è un bimbo di tre anni. Molto tempo dopo, il bambino divenuto compositore siede al pianoforte nella Sala della Filarmonica di Leningrado, come solista nella prima esecuzione assoluta del suo Primo concerto per pianoforte (con tromba e archi). È il 15 ottobre del 1933. Rachmaninov aveva lasciato la Russia nel 1917 e viveva negli Stati Uniti, dove morirà dieci anni dopo. Šostakovič, al contrario, aveva sposato la causa della Rivoluzione Sovietica, vivendola artisticamente e politicamente da protagonista. Due strade divergenti le loro, anche al di là del fattore anagrafico. A ben guardare, però, almeno un elemento in comune, e non di secondo piano, appare evidente: sono entrambi grandi pianisti. Virtuosi del loro strumento, basterebbe qui ricordare che Šostakovič arrivò secondo al Varsavia nel 1925, ravvivano la tradizione del compositore-pianista, che tanta importanza ha avuto nella storia della musica ed ancora ha nelle vicende musicali dei nostri giorni.
Il confronto tra virtuosi della tastiera potrebbe essere allora la prospettiva in cui leggere i due concerti che l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai propone all’Auditorium Arturo Toscanini rispettivamente il 4 novembre (replica il 5) e l’11 novembre (replica il 12).
Nel primo, il Rach3 viene affidato a Vadym Kholodenko, sul podio Aziz Shokhakimov, che guiderà poi l’orchestra nel Petruška stravinskiano. Kholodenko, ucraino, classe 1986, ha conquistato fama internazionale vincendo il Van Cliburn nel 2013. Oltre al primo premio ottenne anche il riconoscimento in memoria di Steven de Groote e il premio intitolato a Beverly Taylor Smith. Insomma, un trionfo. Da allora la sua carriera è stata un susseguirsi di meritati successi.
Sotto i riflettori per il secondo appuntamento James Feddeck sul podio (il programma prevede Mendelssohn prima e dopo Šostakovič), al pianoforte Alexander Melnikov. Nato nel 1973, si forma a Mosca con Lev Naumov, per poi passare a Monaco sotto la guida di Eliso Virsaladze. È a Mosca che incontra Sviatoslav Richter. Un incontro fondamentale per la sua carriera. Sarà Richter ad insegargli l’arte di combinare le sottigliezze dell’interprete raffinato con la passione del pianista di genio. D’altronde, anche Melnikov ha le sue medaglie: primo nello Schumann nell’89 e primo nel Regina Elisabetta nel ’91.
Dunque, due grandi pianisti di oggi si misurano con due opere composte ed eseguite da due grandi pianisti di un passato non troppo remoto. C’è pure un secondo elemento che accomuna il Rach3 con il Primo di Šostakovič, quasi una sfida, questa volta lanciata ai due direttori. Dirige la seconda esecuzione newyorkese del Rach3, il 16 gennaio del 1910, sempre con Rachmaninov come solista, Gustav Mahler. A dirigere la prima del Concerto di Šostakovič ecco l’austriaco Fritz Stiedry, che proprio Mahler aveva scelto come suo assistente all’Opera di Vienna nel 1907 e che, prima di dover abbandonare l’incarico per ragioni politiche e trasferirsi a Leningrado, aveva diretto l’Opera di Berlino dal 1928 al 1933.
Fabrizio Festa