Quando Felice Romani scrisse il libretto dell’Elisir d’Amore, immaginò che l’azione si svolgesse “in un villaggio, nel paese de’ Baschi”. Nessuno all’epoca aveva idea di come fosse un villaggio dei Baschi, ma i villaggi di ogni paese si assomigliano un po’ tutti e da allora l’opera più nota di Gaetano Donizetti è spesso stata rappresentata in un cortile di campagna, con un po’ di fieno da una parte, un carro abbandonato dall’altra e tanti allegri contadini e contadinotte curiosi di vedere quel che succede.
Si sarebbe potuto fare così anche per l’Elisir d’amore raccontato ai ragazzi, che il Teatro Regio mette in scena il 22 e 23 novembre ore 10.30 per “La scuola all’opera” (e per le famiglie il 23 novembre alle ore 20), il programma che tutti gli anni consente ai giovani di assistere a un’opera del cartellone, appositamente adattata per renderla più fruibile e comprensibile a un pubblico di neofiti. Ma a pensarci bene, la storia d’amore tra Adina e Nemorino si presta a molte altre interpretazioni e ambientazioni. Adina è intelligente, scaltra e scostante, e nasconde il suo cuore d’oro. Nemorino è ingenuo e impacciato, perso nei suoi sogni. Belcore è tronfio, pieno di sé e convinto di avere doti ben superiori ai suoi scarsi mezzi. Dulcamara è un ciarlatano di quelli che oggi si trovano un po’ da tutte le parti, nelle strade, ma anche in tv, a promettere cose che non possono mantenere, osannati dalla folla che in qualcosa ha comunque bisogno di credere.
A pensarci bene, dunque, questi personaggi potrebbero benissimo trovarsi, invece che in un’aia di campagna, anche in una scuola contemporanea, una scuola proprio come quelle che frequentano i ragazzi seduti in sala. Chi di loro non ha in classe una compagna molto bella, saputella e inarrivabile, una prima della classe che “se la tira” e guarda tutti con un po’ di sufficienza? E in classe non c’è anche un bamboccione impacciato e maldestro, preso in giro per la sua goffaggine? E non c’è quel prepotente pieno di sé che pensa che tutti debbano ubbidirgli? Certo che ci sono. E fuori dalla scuola non c’è sempre qualcuno che cerca di vendere qualcosa, garantendo miracoli che non si avverano mai? I contadini e le contadinotte, infine, non potrebbero essere compagni e compagne di scuola, bidelli o genitori in visita?
Certo, per ambientare l’Elisir in una scuola bisogna tagliare qualcosa, ad esempio tutta la musica che presenta Belcore, con rulli di tamburi e fanfare, come uno scalcinato sergente. In alcuni casi sono tagli dolorosi, che comunque i ragazzi potranno approfondire con gli insegnanti una volta tornati in classe. L’importante è incuriosirli, fare loro capire che l’opera lirica non è una cosa del passato che parla solo del passato: parla di quello che accade agli esseri umani, e quindi non finirà mai di appartenere anche al tempo presente. Il regista Riccardo Fracchia ha figli che vanno a scuola e quindi non ha avuto difficoltà ad ambientare l’opera nel nuovo contesto, con trovate e spunti divertenti. L’orchestra e il coro del Teatro Regio saranno diretti dal Primo violino Sergey Galaktionov. L’attrice Chiara Buratti impersonerà un’insegnante di musica un po’ rompiscatole, che vuole comunque spiegare di volta in volta ai ragazzi quello che sta per succedere e che stanno per ascoltare. Sì, un’altra lezione: ma molto più divertente che a scuola.
Vittorio Sabadin