Madama Butterfly, la tragedia giapponese intima e straziante di Giacomo Puccini, segna l’atteso ritorno del direttore Daniel Oren sul podio del Teatro Regio dopo un’assenza di poco più di vent’anni.
Maestro, lei fu protagonista delle stagioni del Teatro Regio dal 1994 al 1997; cosa ricorda di quell’esperienza?
Una cosa che ricordo bene del Teatro Regio di Torino è la grandissima serietà e professionalità, la dedizione al lavoro, l’amore, la passione. Senza questo non si può fare musica. E poi c’era anche la grande conoscenza delle opere. Ricordo inoltre il pubblico, veramente meraviglioso. Credo che ancora oggi questo sia uno dei teatri più importanti d’Italia.
Per molti torinesi il suo nome resterà per sempre associato alla superba Bohème del centenario, con Luciano Pavarotti e Mirella Freni. A quell’epoca dichiarò di essersi “emozionato come un bambino”. Ha più riprovato quell’emozione dirigendo l’opera?
La mia fortuna come musicista e come uomo è che ritrovo sempre quell’emozione dirigendo tutte le opere. È questo a mantenermi in vita e a spingermi a continuare a dirigere, altrimenti cambierei mestiere. Certe volte mi capitano dei cast non buoni e non so cosa fare, ma poi mi concentro sulla musica: penso a Verdi, Puccini, Bellini, Mozart, Wagner e immagino di avere di fronte la Callas, oppure Mirella Freni e Luciano Pavarotti. Anche quando affronto queste situazioni posso dire di non aver perso niente dell’entusiasmo che avevo agli inizi: questo è il segreto di tutti noi artisti che vogliamo fare grande musica, non sentiamo mai la fatica. Guai a cedere! Guai a stancarsi! Tanti direttori faticano sul palcoscenico e molto presto non hanno più niente da dire. A me questo non è capitato e spero non mi capiterà mai.
Al Teatro Regio dirigerà Madama Butterfly di Puccini, un autore che l’ha accompagnata in momenti molto importanti della sua carriera…
La prima volta che ho affrontato Puccini fu in occasione del mio debutto come direttore a ventidue anni, nel Teatro dell’Opera di Roma con Manon Lescaut. Puccini è un compositore che rispetto moltissimo e che, detto con una battuta, è difficile fare male perché lui ha scritto tutto sulla partitura, anche i più piccoli dettagli, come ad esempio nel finale di Bohème: mentre Mimì è svenuta, ci sono quattro pizzicati ai violini che rappresentano le gocce che Rodolfo getta su di lei per farla rinvenire.
In Madama Butterfly riesce a dare un’immagine genuina del Giappone, pur non essendovi mai stato. La sua orchestrazione è veramente unica: è riuscito a creare milioni di colori come nessuno aveva fatto prima. Mi diverto moltissimo a ricreare questi colori, mi appassiono prima cercando di trasmettere le grandi emozioni dell’opera all’orchestra e al coro, e poi tutti insieme provando a suscitare quel brivido dietro la schiena dell’ascoltatore. Questa è la nostra missione.
Liana Püschel