Al Teatro Regio concerti come ondate

Le proposte di novembre nel cartellone “I Concerti” del Teatro Regio sono come ondate che ci possono davvero incantare o travolgere, dato la loro potenza sinfonica e raffigurativa. Ondate che raccontano storie o sensazioni tra quiete e tempesta. La prima, quella del 5 novembre, vede sul podio Karl-Heinz Steffens (direttore musicale della Norske Opera & Ballett di Oslo) condurre la Filarmonica Teatro Regio Torino in una navigazione mossa dai venti di Debussy e Ravel. Gli schizzi sinfonici del primo in La Mer e i marosi in crescendo del secondo nel Boléro sono i due estremi di un concerto che vede al suo interno il dispiegarsi di una gamma di intensità, colore, dinamismo, e racconti, quanti se ne possano immaginare affidati alla complessità della partitura d’orchestra. A far mostra di questo ventaglio sono le pagine raveliane di Rapsodie espagnole, Pavane pour une infante défunte e Alborada del gracioso che inanellate espongono non solo le diverse facce del compositore ma svelano come il modulare di qualità timbrico, ritmico ed espressive si fa portavoce di capitoli estremi dell’esistenza, tra incanto, dolore raggelato o frenetica fantasmagoria.

Altra ondata la ritroviamo nel concerto del 17 novembre: Ezio Bosso dirige l’Orchestra del Regio nel suo Oceani, Concerto per violoncello e orchestra tratto dalla Sinfonia n. 1 Oceans (in prima esecuzione a Torino) e nella Sinfonia in mi minoreDal Nuovo Mondo” di Dvorák. Come sua abitudine il direttore mette in dialogo autori e opere, tracciando fili conduttori attraverso i quali è d’obbligo transitare. Il nodo più stretto è il “viaggio”. Quello di Oceani lo ha spiegato lui stesso nel 2010, quando l’opera nasceva: «L’immagine è quella di un uomo solo davanti all’oceano, un oceano che cresce, si infrange. […] simbolo del viaggio inteso come ricerca interiore, migrazione da un posto all’altro, da una condizione umana a un’altra». Come per i naufraghi nel Mediterraneo.

E l’impresa di cavalcare l’onda della massa orchestrale, con i suoi scarti improvvisi tra vigore e lirismo, è affidata a Relja Lukic, classe 1970, primo violoncello dell’Orchestra del Teatro Regio. A lui, in veste solistica, tocca attraversare gli oceani che nella creazione di Bosso si dipanano come un continuum a tratti ipnotico, una navigazione inesausta nell’immensità delle acque: l’Atlantico, dove il “cavalcare le onde” si fa incessante; l’Antartico, che ritrae un “oceano bianco e vuoto”, e la sua disarmante quiete; e l’Oceano Indiano, il mare a cui l’autore affida il racconto dell’agognato “approdo”.

Dunque “viaggio, ricerca, migrazione”, temi che all’altro capo del filo ci fanno incontrare l’itinerario di Antonín Dvořák in America, nella celebre sinfonia Dal Nuovo Mondo (del 1893), laddove il musicista ceco si avventura nella musica dei neri, degli spirtual, dei cori nelle piantagioni, dei canti della comunità indiana, o della pura suggestione di quel mondo “oltre-Oceano” come all’epoca poteva apparire. Il suo creatore vi innesta, però, anche memorie e rimandi al folklore musicale patrio, come a dire che ognuno porta qualcosa di sé in qualunque viaggio. Poi, un altro filo è rinvenibile, oltre specifiche citazioni o vaghe evocazioni sonore: lo sconfinato volo libero della fantasia, a cui questo concerto e il suo direttore paiono invitarci.

Monica Luccisano