1992-2022 Trent’anni dalle stragi di Capaci e Via D’Amelio, una ferita ancora aperta. È la storia del nostro paese, la storia che va insegnata nelle scuole, su cui occorre riflettere, per capire l’Italia di quegli anni, l’Italia che abbiamo ereditato e l’Italia che vorremmo. Oggi, il nostro forse non è un paese migliore, ma è sicuramente diverso da allora. Abbiamo, per esempio, una conoscenza del fenomeno mafioso che nessuno può eludere. Rimozione e corruzione sono le nostre malattie endemiche, combatterle è un obbiettivo a cui non possiamo rinunciare. Le leggi ci sono ma nessuno si salva se non ci ripensiamo insieme. La barbarie del crimine organizzato, il dolore di quei giorni terribili, la reazione e l’impegno che ne seguirono, il pericolo del disincanto, il nostro bisogno oggi di ripensarci uniti, motivati e partecipi, tessere un racconto in musica per evocare tutto questo è un onore e una grandissima responsabilità.
Questo compito, condiviso con il maestro Tutino, ha fatto riemergere ricordi e riflessioni dolorose e forse, per quanto mi riguarda, anche la paura di non essere all’altezza, perché, come diciamo e sappiamo, di parole ne sono state già dette anche troppe. Attingere all’indispensabile è impresa molto difficile, forse impossibile. Nel 2012, grazie al Teatro di San Carlo di Napoli, ho iniziato a partecipare ad un progetto, il Palcoscenico della Legalità, nato in collaborazione con scuole, associazioni, teatri, università, magistrati, giornalisti, famigliari delle vittime di mafia.
Questa incredibile esperienza mi ha permesso di imparare tanto, soprattutto ho imparato ascoltando chi ne sa più di me e continua a lottare, in prima linea, per tutti noi. Quello che ho cercato di mettere in scena è il frutto di questa lunga avventura umana che tutt’ora mi vede partecipe come regista, come autore con Giulia Minoli, che è anche l’ideatrice del progetto, e come cittadina.
Mi appassiona lavorare con e per la musica: è fonte di energia, di confronto, di ricerca, è terreno di ispirazione. Ho cercato di dar vita a una scrittura scenica in continuo dialogo. Note, parole e immagini si fondono per evocare quei terribili momenti: le stragi, i funerali delle vittime, la reazione della gente, le lotte di un popolo stanco ma non arreso, il nostro presente.
È una narrazione composta da frammenti di ricordi, di emozioni ancora vive, di conquiste e speranze, per dare dignità al nostro futuro. Vorrei che orchestra, coro, cantanti, attori e pubblico si sentissero come un unico corpo vivo e partecipe, perché questa è la nostra storia.
A chi ci rivolgiamo? A chi ha dimenticato, a chi non era ancora nato, a chi ha sofferto più di tutti, a chi non sa, a chi ha fatto finta di non sapere, a chi ha lottato e lotta ancora per la giustizia. Non abbiamo nulla da insegnare, nessuna verità da svelare: L’eredità dei giusti è un rito laico di condivisione umana.
Emanuela Giordano *
* Emanuela Giordano firma drammaturgia e regia dell’opera Falcone e Borsellino. L’ eredità dei giusti