Quanto Shakespeare c’è nel Falstaff di Verdi?
«In Falstaff c’è un incontro tra Verdi e Shakespeare che ha del magico – risponde il regista Daniele Abbado – é stato Arrigo Boito a convincere Verdi a comporre la sua ultima opera su un argomento comico. Per Verdi è una grande occasione: chiudere la sua carriera di operista con una grande risata. Shakespeare c’è in pieno, totalmente. Boito ha fatto un lavoro egregio, scrivendo un libretto di grande raffinatezza e Verdi lo afferra al volo. Quello che mi ha sempre colpito in quest’opera é che senti nella scrittura di Verdi come una vivacità particolare. La meraviglia di Falstaff è che c’è l’unione tra la saggezza e la maestria del compositore e un’ euforia bellissima… Io penso che Verdi in quest’opera esalti Shakespeare. Non si può dire se nell’opera ci sia più il compositore italiano o il drammaturgo inglese: è un incontro felicissimo tra i due».
Chi è Falstaff?
Falstaff non sente la vecchiaia, tranne in qualche raro momento, ma soprattutto cerca la libertà, ama gli scherzi, ama la seduzione; a suo modo è un libertino, ma nel senso più alto, filosofico del termine. Falstaff ha un linguaggio meravigliosamente seduttivo, basti pensare alla frase che pronuncia incontrando Alice “Ed or potrò morir felice. Avrò vissuto molto dopo quest’ora di beato amore”. Alice è il vero interlocutore di Falstaff, tra di loro c’è feeling. Falstaff ne rimane affascinato grazie a una risata (“E un giorno come passar mi vide ne’ suoi paraggi, rise”): è bellissimo. La risata è segno di libertà, Falstaff è un uomo che non ha paura di far brutta figura, è uno che non si rifugia nel possesso ed è aperto a ogni esperienza, a ogni variante, a ogni imprevisto, sa reagire benissimo persino allo scherzo finale: è un dionisiaco».
Tutto nel mondo è burla?
«É la risata finale. Come diceva Leopardi: “chi ha il coraggio di ridere è il padrone del mondo».
Cosa vedremo in scena?
«É uno spazio unico in continua trasformazione. Cosa si richiede a uno spazio teatrale? Che ci siano delle botole e che si possano appendere delle cose. E questa piattaforma ci permette tutto: botole, scale, elevatori, oggetti che arrivano volando, mobili sospesi… è uno spazio che permette di ricreare in modo rapido e poetico i vari ambienti dell’opera, interni o esterni, dalla camera dove dorme Falstaff alla terrazza di Alice dove ci sono i panni stesi».
I costumi sono contemporanei? Senza tempo?
«Senza tempo con la esse maiuscola! I personaggi si portano dietro un po’ della loro tradizione, ad esempio Falstaff nella prima scena indossa una vestaglia e biancheria intima di tempi lontani, ma le donne hanno un’immagine teatrale di oggi: molto sensuali e libere. E’ una sorta di sviluppo teatrale della tradizione verso una sensibilità visiva senza tempo. Una commedia come questa si basa molto sulla fisicità degli interpreti».
Susanna Franchi