È all’insegna di un concertismo giovane e di alta qualità il quarto concerto della stagione 2019-2020 dell’Orchestra del Teatro Regio di Torino che vede protagonisti, il 29 novembre prossimo, la violinista Francesca Dego e il direttore d’orchestra francese Lionel Bringuier.
Definita dalla critica «violinista dal talento strepitoso», Francesca Dego ha iniziato giovanissima la carriera concertistica; oggi, affermata violinista a livello internazionale, ha come punta di diamante nella propria discografia nientemeno che la registrazione dei 24 Capricci di Paganini per la Deutsche Grammophon.
Lionel Bringuier, che è anche violoncellista, è salito sul podio delle orchestre più prestigiose a livello internazionale; è particolarmente apprezzato per la maturità artistica delle sue interpretazioni e per la profondità e la cura con cui affronta le partiture, sia del repertorio tradizionale (spesso valorizzando brani poco eseguiti), sia di autori contemporanei.
Insieme propongono al pubblico una chicca del repertorio violinistico: il bellissimo Concerto per violino op. 47 di Jean Sibelius (del 1903, poi rielaborato), unico concerto solistico del compositore finlandese, che aspirava a diventare un virtuoso di questo strumento. L’insolito attacco iniziale del violino su un tappeto armonico degli archi, al posto della tradizionale esposizione orchestrale, conquista subito l’ascoltatore il quale, da qui in poi, è letteralmente rapito dallo strumento ad arco che, in tutte le sue potenzialità tecniche ed espressive, dialoga alla pari con un’orchestra dalla densa tessitura. Tuttavia l’alto tasso di virtuosismo della parte violinistica non è mai fine a se stesso, quanto teso a veicolare la potenza delle idee del compositore, in bilico tra una ereditata concezione romantica e l’esigenza di valorizzazione delle radici della sua terra attraverso una intima connessione con la natura.
Due suite orchestrali racchiudono simmetricamente, valorizzandolo, il Concerto sibeliano: Le Festin de l’Araignée op. 17 di Albert Roussel e la Suite n. 3 in sol maggiore per orchestra op. 55 di Pëtr Il’ič Čajkovskij.
Tratta dall’omonimo balletto-pantomima, andato in scena il 3 aprile 1913 al Théâtre des Arts, la suite con i sei frammenti sinfonici venne composta da Roussel nell’effervescente Parigi di inizio secolo, ispirandosi ai Souvenirs entomologiques di Jean-Henri Fabre. Attraverso una tavolozza di colori e di sonorità pure e diafane, e con un’orchestrazione ricca di combinazioni timbrico-strumentali tipicamente francesi, il compositore ha saputo creare un piccolo capolavoro descrittivo – ancora oggi tra i suoi brani più eseguiti – che immerge lo spettatore nel mondo in miniatura degli insetti e degli aracnidi dove un ragno, che si appresta a pasteggiare con le vittime cadute nella rete, viene a sua volta ucciso da una mantide religiosa…
Nella forma della suite orchestrale Čajkovskij vedeva la possibilità di trascendere lo schema formale della sinfonia, e tra le quattro composte era particolarmente affezionato alla Terza (op. 55) che, pur avendo visto la luce in un periodo difficile dal punto di vista creativo, lascia trasparire positività. Nelle quattro parti che la compongono la vena čajkovskijana si esprime liberamente attraverso numerose idee melodiche perfettamente elaborate all’interno del tessuto orchestrale e nella strumentazione ricca di colori che vede nell’ultima sezione, in forma di variazioni, un crescendo di soluzioni compositive; il tutto sfocia in un finale spumeggiante e caleidoscopico tale da farci comprendere il motivo del successo che il brano ha sempre riscontrato – e continua a riscontrare – sin dalla prima esecuzione a San Pietroburgo sotto la direzione di Hans von Bülow, il 12 gennaio 1885.
Donatella Meneghini