Dal 15 febbraio Gianandrea Noseda torna sul podio di Orchestra e Coro del Teatro Regio per la Salome di Richard Strauss.
Maestro Noseda, è un’opera rivoluzionaria?
«Sì, è un’opera di grande frattura, è un’opera di estremi, qui è tutto estremo: è estremo il tentativo di santità di Giovanni Battista ed è estremo il morboso desiderio di Salome. E’ un’opera morbosa, ne senti subito la tensione orchestrale e tutto è morbosamente seducente: è una musica che non ti aspetti».
Dopo la prima rappresentazione a Dresda un critico concluse la sua recensione scrivendo: «L’inizio dell’opera è simbolico: “Com’è bella la principessa Salome stanotte! Sì, oggi! Ma chiediamocelo ancora fra tre anni”. Sono passati più di 111 anni da quella prima e possiamo dire che la Principessa è sempre bella?
«Salome non ha perso nulla del suo meraviglioso fascino, anzi, ci dimostra ancora una volta come Strauss guardasse avanti, al futuro, con opere come Salome e Elektra. Salome ci dimostra già la direzione che voleva prendere. Oggi, nel 2018 Salome non ha perso nulla del suo fascino seducente e morboso. Ecco, possiamo dire che per noi non ha più quella mostruosità emotiva che percepivano i primi spettatori agli inizi del Novecento, noi sappiamo già cosa aspettarci. Ma il suo effetto è ancora dirompente: ti invade con quell’erotismo selvaggio, con quella sensualità, con quel disagio esistenziale… è un’opera meravigliosa che è sempre molto difficile da rendere e richiede una grande scaltrezza tecnica, per non parlare poi delle difficoltà per i cantanti: una vera e propria vetta da scalare».
Strauss appuntò che non ci volesse molta bravura a dire che il lavoro di Wilde reclamasse la musica. Com’è il rapporto tra libretto e musica?
« E’ un rapporto strettissimo. Ho letto il testo di Wilde con molto interesse e mi sono subito accorto di quanto il libretto sia fedele all’originale con assonanze e parole che ritornano. In Wilde la frase spesso non è regolare e Strauss vi adegua la musica con un procedimento molto interessante, usato anche da Verdi: i versi variano a seconda del dramma, della storia che ci raccontano. Qui siamo davanti a tante emozioni: c’è un patrigno ossessionato dalla figliastra, c’è un soldato che ama la Principessa, c’è un eroe, un santo che propaganda messaggi che riguardano valori che in quella corte non ci sono…e quella teenager rimane colpita dal suo fascino, dalle sue parole. Nello stesso tempo in lei affiora la delusione perché non riesce a ottenere quanto si è prefissa e allora quell’uomo diventa per lei oggetto di un’ossessione morbosa: prima ne è ammirata, poi diventa un capriccio e poi è come se avesse perso la ragione e quell’uomo fosse un suo giocattolo. Alla fine lo fa uccidere».
Susanna Franchi