I Concerti del Teatro Regio. Una appassionante kermesse da Haydn al jazz

Inevitabile che un’orchestra come la Filarmonica del Teatro Regio di Torino, che nel DNA porta i segni di un’attitudine preziosa nei confronti del Novecento musicale, continui a rimanere felicemente sospesa, nelle proprie proposte, tra rigore classico e divagazioni d’altro genere, in ciò assecondando una sana apertura mentale che al gusto del secolo breve s’è formata. Così, se l’inaugurazione e la chiusura della stagione 2019/2020 – dodici appuntamenti sinfonici, tra ottobre e maggio – rimandano ad atmosfere rassicuranti, aggirandosi tra il Classicismo di Haydn e il Romanticismo estremo di Bruch e Čajkovskij, alcune serate sfiorano il jazz, con Gershwin, quando non lo toccano veramente, per esempio con la prima di Berg Heim, del glorioso Gianluigi Trovesi. Ma andiamo per ordine.

Una delle caratteristiche della Filarmonica TRT sta nella voglia intelligente di dare spazio alle prime parti dell’orchestra, chiamate a exploit solistici che, di fatto, esaltino la dimensione laboratoriale dell’intero progetto. Il violinista Sergej Galaktionov, appunto, avrà due occasioni per ergersi a protagonista: dapprima direttore, nell’inossidabile Pierino e il lupo, poi anche come solista, naturalmente, nel Primo concerto di Mozart, messo al centro di un programma in cui brilla, per originalità, la trascrizione sinfonica mahleriana del Quartetto “serioso” di Beethoven.

Per Amedeo Cicchese, primo violoncello della Filarmonica, l’appuntamento invece è con il Concerto in la minore di Schumann, in una serata superclassica affidata alle cure di Felix Mildenberger, giovane interessante direttore con esperienze alla London Symphony e alla National de France.

A proposito di podi, Daniel Oren mette la sua quarantennale esperienza al servizio dell’evento d’apertura della stagione, riprendendo un brano del cuore come la Quinta di Čajkovskij e chiama al suo fianco una formidabile violoncellista salisburghese, Julia Hagen, di appena ventiquattro anni; il francese Lionel Bringuier è chiamato a riconfermare tutto quanto di buono su di lui proclama, da tempo, Esa Pekka Salonen (non casuale, forse, la citazione in programma del finlandese Sibelius col bellissimo Concerto per violino, affidato all’ottima Francesca Dego); Maxime Pascal, un altro emergente di successo, modella un concerto natalizio al riparo da peccati di banalità.

E poi c’è Mahler, quello dei Kindentotenlieder, che per qualsiasi orchestra rappresenta un esame di laurea: il “relatore”, ossia Nicola Luisotti, offre ampie garanzie sul felice esito del cimento.

Da qui in poi, fatto salvo il raffinato omaggio a Haydn rappresentato dall’oratorio La creazione (che porta sul podio un under 30 di straordinario talento come Ben Gernon), parleremo di concerti e protagonisti un po’ fuori dagli schemi usuali. Come Wayne Marshall, pianista-organista e direttore d’orchestra che per Gershwin ha una passione confessata e, spesso, deliziosamente esibita. O, ancora, come Stefano Montanari, l’ex barocchista (bravo) con orecchino e pantaloni di pelle, che sceglie di tenere a battesimo (in collaborazione con Torino Jazz Festival) il brano che Gianluigi Trovesi, una delle colonne del jazz italiano, ha scritto ispirandosi a La montagna incantata, il più musicale dei romanzi di Thomas Mann.

Al cinema muto e ad un suo eroe come Buster Keaton riporta la sonorizzazione dal vivo di Come vinsi la guerra, elaborata e diretta Timothy Brock, vero cultore della materia. L’ultima considerazione riguarda Gianandrea Noseda il quale, a dispetto del tempo e delle situazioni che mutano, si mantiene orgogliosamente fedele ad un’orchestra, la Filarmonica TRT, che ha a cuore da sempre e al rito ormai irrinunciabile del concerto “a sorpresa”,.

Stefano Valanzuolo