«”La scuola de’ gelosi” di Salieri? Un’opera vivace, tutta da riscoprire»
Intervista a Sebastian F. Schwarz

Negli ultimi due decenni del Settecento, il dramma giocoso La scuola de’ gelosi di Antonio Salieri trionfava nei teatri di mezza Europa. Al Teatro Regio debutterà il 15 maggio, con la regia di Jean Renshaw e con un cast giovane e brillante.
Ne parliamo con il direttore artistico Sebastian Schwarz, che ha contribuito attivamente alla riscoperta dell’opera.

La scuola de’ gelosi è un titolo che le sta particolarmente a cuore…
«Sì, l’avevo commissionata nel 2017 mentre ero direttore del Theater an der Wien. All’epoca c’era un progetto di ricerca dell’Università di Vienna, il cui direttore era il musicologo italiano Michele Calella, sull’opera buffa settecentesca. Volevo collaborare con quel progetto in modo che la vita pratica del teatro potesse accompagnare la ricerca e viceversa. Il primo frutto della collaborazione fu Gli uccellatori di Leopold Gassmann, un operista austriaco maestro di Salieri, e il secondo La scuola de’ gelosi».

Non teme che ci sia un po’ di diffidenza nei confronti di un autore che a Torino non si ascolta dal 1780?
«Nella storia della musica Salieri sembra essere conosciuto soprattutto per un presunto conflitto con Mozart (che tutti ricordiamo anche attraverso il film Amadeus!). Pensiamo di conoscere Salieri e invece non è così. Salieri si trova nel pantheon dei compositori operistici e la sua produzione è oggetto di riscoperta a livello internazionale. Per La scuola de’ gelosi di Salieri vorrei invitare non solo il pubblico del Regio, ma in generale i torinesi e i piemontesi a venire per farsi un’idea, divertirsi, trascorrere una serata stupenda e rendersi conto dell’importanza del loro patrimonio culturale».

In quest’opera il pubblico potrà trovare qualche analogia con i lavori della trilogia Mozart-Da Ponte?
«Qui, attraverso i personaggi, sono presenti i tre livelli della società: la coppia aristocratica dei conti, la coppia borghese e la coppia dei servitori. Troviamo la stessa configurazione anche nelle Nozze di Figaro, che furono scritte pochi anni dopo. La prima aria del conte, poi, può ricordare l’Aria del catalogo di Leporello, perché si descrive il mondo come una galleria di belle ragazze. Ci sono inoltre i grandi ensemble finali… Ci sono molti punti in comune con le opere di Mozart, ma anche con quelle di Galuppi che all’epoca era l’operista di maggior successo e che oggi nessuno ricorda. Tutti questi lavori si somigliano perché appartengono allo stesso genere e fanno riferimento alla stessa tradizione. C’è tutto un mondo che è stato dimenticato e che vorrei dischiudere al pubblico, sperando che possa essere di arricchimento».

Nelle tre coppie di personaggi, la gelosia svolge lo stesso ruolo?
«Nella coppia dei nobili è la donna ad essere gelosa e il marito alimenta questa debolezza. Viceversa, nella coppia borghese è geloso il marito. Invece la coppia dei servitori vive il suo amore nel modo più rilassato e libero possibile».

Può raccontarci qualcosa dell’allestimento?
«L’allestimento è molto colorato, come la musica. Era nato per il Theater an der Wien, che è un teatro piccolo: il suo palcoscenico è una frazione di quello del Regio, per cui si dovrà lavorare sulle scene per adattarle. La regia focalizza l’attenzione del pubblico sui personaggi, che non smettono di girare. Girare letteralmente! Lo spettacolo infatti è tutto basato su tante porte che girano in continuazione, che vengono battute, aperte, semichiuse, sbarrate, che vengono usate per spiare… Sarà uno spettacolo molto concentrato, perché è proprio il genere dell’opera buffa di fine Settecento a richiederlo. Infatti all’epoca i palcoscenici erano molto più piccoli, molto più intimi, per ottimizzare la resa delle voci dei cantanti e dell’orchestra».

Liana Püschel