La collaborazione virtuosa tra
Mario Brunello, Marco Paolini
e Frankie hi-nrg mc

Nell’immaginario del grande pubblico, l’oratorio – inteso come genere musicale – si lega ad un tipo di espressività classica o barocca, trovando in autori come Bach, Händel e Haydn i riferimenti immediati e, forse, obbligati dell’ambito compositivo specifico. Gli stessi modelli, in fondo, aveva bene a mente anche Mendelssohn quando, non più ragazzino, si risolse ad affrontare il temuto cimento oratoriale. Non sorprende, allora, che anche Mauro Montalbetti – classe 1969 – citi Johann Sebastian Bach e, particolarmente, La Passione secondo Giovanni nell’introdurre #Antropocene, il suo nuovo oratorio per voci, violoncello solista e orchestra presentato dal Teatro Regio, per scelta precisa, nella stessa settimana in cui ricorre Elias di Mendelssohn: che, a differenza della novità di Montalbetti, è pagina di riferimento assodato nel settore.
Due oratori in sequenza ravvicinata, appunto, divisi da centosettantadue anni di storia ed enormi, ovvie differenze di stile. #Antropocene, per definizione del suo autore, è una “passione laica” che contrappone, sul piano formale, il linguaggio barocco a quello dei nostri giorni: Bach al Rap, per essere sintetici. Il confronto etico tra una visione immanente del mondo e la necessità contingente che la ingabbia si materializza nel dialogo tra la voce meccanica concertante proveniente da una segreteria di call center – è quella del noto rapper Frankie hi-nrg mc – e la voce umana e narrante di Marco Paolini, povero smarrito utente sull’orlo del collasso tecnologico. Il meccanismo dialettico svelerà complicità inimmaginabili tra due mondi espressivi lontani, con effetti di straniamento sottolineati dal tipo di orchestrazione, spesso decisamente fuori schema, adottata da Montalbetti. Slanci dal gusto epico e pause di riflessione lirica si alternano grazie al fitto gioco di rimandi che s’instaura tra violoncello e orchestra: Mario Brunello, regista musicale dell’intera vicenda, suona da solista e dirige i complessi del Regio.

In questo nuovo progetto – che nasce dalla collaborazione virtuosa tra Teatro Regio, Teatro Massimo di Palermo, Teatro San Carlo di Napoli, Roma Europa Festival e Fondazione Musica per Roma – si riattivano, dunque, alleanze artistiche già solide, come quella tra Brunello e Paolini. Ancora più collaudato, però, è il rapporto che lega felicemente l’Orchestra del Teatro Regio a REGIO SteinbergPinchas Steinberg, sul podio stavolta per rileggere Elias, secondo e ultimo oratorio scritto da Mendelssohn, dopo un periodo assai lungo di elaborazione, ed eseguito a Birmingham un anno prima della morte improvvisa dell’autore. Gli intrecci che tengono idealmente unite le due esecuzioni proposte a breve distanza sono molti e stimolanti: basterebbe ricordare come sia stato proprio Mendelssohn a riportare in auge, nell’Ottocento, la grande tradizione oratoriale legata a Bach. Quel Bach di cui la musica di oggi, giustamente, non vuole fare a meno.

 

Stefano Valanzuolo