“La sonnambula” e il trionfo della verità nel sogno. Intervista a Renato Balsadonna

Assente dalla scena torinese per oltre vent’anni, La sonnambula di Vincenzo Bellini torna a entusiasmare il pubblico del Teatro Regio con la sua delicata vena romantica. Sul podio, al suo debutto con l’Orchestra e il Coro del Teatro, Renato Balsadonna, a lungo attivo fuori dall’Italia come Maestro del coro in prestigiosi teatri come il Théâtre Royal de la Monnaie di Bruxelles e la Royal Opera House di Londra, e ormai da tempo lanciato in una carriera da direttore che incontra consensi in tutto il mondo.

Maestro Balsadonna, qual è la “tinta” con cui Bellini concepisce La sonnambula?
«Il paesaggio sonoro che ispira La sonnambula è un delizioso pastello romantico che idealizza il mondo insieme popolare e incontaminato delle montagne alpine. L’avvio dell’opera, dopo le prime 43 battute di introduzione orchestrale, chiarisce subito questo colore locale. Quelli che il pubblico ascolta sono i suoni della montagna, suoni di favolose lontananze da cui Bellini si lasciò ispirare durante la sua permanenza sul lago di Como e che vengono associati al personaggio candido e innocente di Amina».

La malattia di Amina contamina però la purezza dell’ambiente in cui vive.
«Il sonnambulismo è la connotazione che fa di Amina una “diversa”. La relazione sofferta che intrattiene con Elvino le procura un trauma così difficile da elaborare da allontanarla non solo dallo sposo ma dall’intera comunità cui appartiene. È commovente la profondità d’animo, il grande cuore, con cui Amina parla del suo dolore. Eppure, proprio la libertà concessa dal codice onirico nei due episodi di sonnambulismo le consente di provare la sua innocenza. Questo stigma la mette in condizione di proclamare il vero, sebbene in uno stato d’incoscienza».

Come illustra questa dissociazione fra sogno e realtà la vocalità di Amina?
«Si è molto dibattuto sul fatto che Bellini abusasse del canto declamato, ma ogni volta che Amina canta in recitativo interpreta la frase melodica come un cantabile arioso. Mentre gli altri personaggi parlano in maniera molto più sillabica, il canto di Amina è sempre aulico, nei recitativi prima ancora che nelle arie. La virtualità espressiva che assume la sua voce sembra quasi trasportarla in un’altra dimensione, quella della visionarietà ultraterrena, come se fosse connessa a un wi-fi soprannaturale!»

Che tipo di orchestrazione intende adottare per dare risalto agli interpreti?
«L’orchestrazione in Sonnambula è molto lineare. Quando Bellini deve dire qualcosa di estremamente pregnante ricorre allo stile napoletano, in cui la melodia è semplicissima e l’accompagnamento molto scarno. Ma non bisogna lasciarsi trarre in inganno, perché questo è il nitore tipico della bellezza greca o della scultura neoclassica canoviana, dove ogni dettaglio è frutto di studi, riflessioni e rifacimenti continui. Tornare ad emozionare con la lucidità del semplice sarà un compito estremamente difficile. E indugiare su questo o quel brano, su questa o quella particolarità tecnica della Sonnambula sarà sempre riduttivo nei confronti della sua singolare armoniosità e circolarità di struttura».

Valentina Crosetto